Allattare a richiesta: come cambia nel tempo

Allattare a richiesta: come cambia nel tempo

Nel precedente articolo, l’allattamento a richiesta è stato descritto come il modo fisiologico di accudire un bambino, offrendo il seno tutte le volte che egli mostra di voler poppare.

In questo modo è possibile sfruttare il meccanismo di domanda e offerta, che fa sì che il latte si produca proprio nella quantità che giorno per giorno il bambino necessita, e il processo della lattazione realizza il suo massimo potenziale di salute. Il neonato poppa con frequenza e durata variabili, e cerca il seno non solo per mangiare ma anche per tutte le sue altre necessità biologiche, fisiche e psicologiche. Il libero accesso al seno senza restrizioni garantisce il suo benessere e previene un declino precoce dell’allattamento, consolida il legame con la mamma e gli fornisce una base biologica ed emotiva sicura.

Quando il bambino ha pochi mesi è dunque evidente che il seno debba sempre essere a sua disposizione, per nutrirsi e per tutte le altre sue necessità. Ma quando cresce, comincia a mangiare cibi solidi, impara a camminare e pronuncia le prime parole (fra cui anche nomignoli teneri per indicare il seno della mamma), anche il suo modo di chiedere di poppare, le modalità e le ragioni per cui va al seno, divengono più complesse e articolate. Il significato stesso di allattamento a richiesta deve adattarsi a questo bambino che non è più un neonato, ma mangia, parla e cammina.

Inoltre a volte mamma e bambino cominciano a sperimentare separazioni, ad esempio con l’inizio del nido o con la ripresa del lavoro materno. Come può allora l’allattamento definirsi ancora a richiesta? Cosa ne è del meccanismo di domanda e di offerta? In questo articolo cercherò di dare un’idea realistica di come la relazione di allattamento si evolve nel tempo.

Allattare un bambino che inizia a mangiare cibi solidi

Il bambino sotto i sei mesi, che non assume altro che il latte materno, dipende da esso anche per nutrirsi. Ma nella seconda metà del primo anno cominciano i primi assaggi e dopo qualche settimana o mese arriva il momento in cui il bambino è in grado di saziarsi con un pasto solido. A volte impara anche a bere dal bicchiere, e quindi a dissetarsi con qualcosa di diverso dal latte della mamma.

Questo non significa che l’allattamento perda significato per il bambino: ogni poppata, anche breve, apporta nutrienti di altissima qualità, il latte della mamma fornisce ancora tutti i fattori protettivi non nutritivi, e la poppata è un momento di tenerezza e conforto di cui il bimbo ai primi passi ha più che mai bisogno, mentre si lancia sulle montagne russe emozionali dell’esplorazione del mondo intorno a lui.

Alcuni bambini in questa fase riducono spontaneamente il numero delle poppate; altri invece continuano con la stessa frequenza di prima, anche se spesso la durata delle poppate invece si accorcia anche notevolmente. Naturalmente ci sono sempre i momenti o le giornate di malessere o stress in cui la richiesta può di nuovo aumentare temporaneamente.

È importante sapere che poppare spesso, inclusa la notte, è un comportamento assolutamente normale anche in bambini di un anno e più: così come chi non è allattato spesso prende il ciuccio per anni, allo stesso modo il bambino allattato cercherà il seno.

Alcune mamme si preoccupano del fatto che il loro bambino, se crescendo diminuirà la richiesta del seno, farà declinare la produzione di latte. Non c’è da preoccuparsi di questo aspetto, perché il corpo continua a produrre latte finché il seno viene drenato. Naturalmente, se il bambino poppa di meno, sarà prodotto meno latte; ma questo è giusto perché il latte si forma proprio nella quantità che serve al bambino in un dato momento. Ciò non innesca un processo di declino, se l’allattamento continua ad essere a richiesta; se il bambino un giorno vorrà poppare di più, il seno quel giorno produrrà più latte.

Come si conciliano pasti e cibi solidi? L’idea è che l’allattamento continui a richiesta, seguendo i segnali del bambino; e i pasti solidi vengano proposti con le modalità e i ritmi del resto della famiglia. I cibi solidi non vanno dati in sostituzione di una poppata, ma devono affiancare il latte materno che, nella fase di apprendimento, rimane il cibo principale. Può capitare così che il bambino voglia poppare anche immediatamente prima del pasto solido; questo, a differenza di quanto si dice, non è un ostacolo al mangiare. I bambini non vanno presi per fame ma rispettati mentre esplorano nuove consistenze e sapori.

Come prevenire il declino dell’allattamento

Quando si cominciano a introdurre cibi solidi, se l’allattamento continua veramente a richiesta in genere non c’è declino della produzione, cioè può ridursi un po’ l’apporto di latte assunto ma non in modo significativo, a meno che il bambino non mangi veramente quantità notevoli non solo di pappe ma anche di altri liquidi, cioè offrendogli spesso l’acqua o introducendo il latte vaccino (che non è necessario, dato che il bambino già assume il latte della mamma).

Quando, più avanti, il bambino mangerà quantità significative di cibo, come assicurarsi che l’allattamento non declini? Va considerato che il mantenimento della lattazione, se il bimbo si sazia a tavola, si mantiene anche grazie al bisogno di suzione, che va oltre la sazietà.

Un bambino allattato a richiesta oltre a poppare per mangiare va al seno anche per conforto e per piacere. Se già nel periodo di allattamento esclusivo viene introdotto il ciuccio, viene offerto al bambino un sistema per soddisfare il bisogno di suzione ogni volta che vuole, anche quando la mamma è troppo indaffarata per dare il seno, senza dover dipendere dal seno materno; quindi può succedere che egli continui a chiedere il seno soltanto per mangiare, e ricorra invece al ciuccio per conforto. Quando successivamente vengono introdotti i cibi solidi il seno diventa superfluo per il bambino, che lo usa solo raramente, come coccola, magari per riprendere sonno, ma sostanzialmente ha dei sostituti per la suzione, e le pappe per saziarsi, per cui non lo cerca quasi mai e l’allattamento declina rapidamente.

Questo può succedere anche se il ciuccio viene introdotto dopo che il bambino ha iniziato a mangiare cibi solidi, cosa che può avvenire ad esempio perché viene erroneamente richiesto dalle educatrici al momento dell’inserimento al nido. Si può provare a dare al bambino il ciuccio solo quando è separato dalla mamma, ma a volte egli si affeziona e comincia a volerlo anche mentre è a casa, con le conseguenze descritte sopra; oppure, sebbene è meno facile che avvenga, può modificare il suo modo di succhiare a causa dell’abitudine del ciuccio, e non essere più capace di poppare efficacemente al seno; il seno, non più drenato adeguatamente, rallenta e infine declina la produzione e il latte piano piano finisce.

Quindi la strategia per mantenere l’allattamento anche dopo l’introduzione dei cibi solidi, nonché quando ci sono separazioni quotidiane fra il bimbo e la sua mamma (nido, lavoro materno), è allattare a richiesta quando mamma e bambino sono insieme, e non offrire sostituti della suzione al seno.

Ma anche a un bimbo grande si deve dire sempre di sì quando chiede il seno?

Allattare un bambino che parla, cammina e fa dei pasti completi a tavola è un’esperienza del tutto diversa di quella di allattare un neonato. Il momento della poppata, che sia breve o lunga, diviene una vera e propria interazione, il bambino è attivo nel cominciare e nell’interrompere la poppata, durante la quale può continuare a interagire con la mamma con gesti e sguardi, può scherzare, può staccarsi e commentare il gusto del latte o fare una battuta o una domanda sulla vita e l’universo! Insomma la poppata non è affatto diversa, sotto questo punto di vista, da un abbraccio o da un momento di gioco del bambino con la sua mamma. Per lui non c’è differenza, è una cosa buona e tenera che gli viene naturale come saltarle in braccio.

Affermare che allattare sia una cosa di tutto o niente, che si “debba” dire sempre di sì alla richiesta del seno, ha poco senso con un bambino grande. L’allattamento al seno è una relazione, e come tale non ci sono “doveri” ma solo un equilibrio dinamico che cambia col tempo. Ricordiamo che il termine inglese originario con cui si definisce l’allattamento a richiesta è on cue, cioè seguendo i segnali. Quelli del bambino ma anche quelli di risposta della mamma. È un dialogo affettivo e biologico insieme.

Certo, nel bambino che poppa solo al seno, o anche in quello che sta ancora imparando a mangiare, assumere una consistente quota di latte materno è così importante che l’allattamento a richiesta diviene indispensabile per assicurare al bambino il suo fabbisogno giornaliero di latte materno. Quando il bambino è più grande l’aspetto nutrizionale diviene più una questione di qualità dei nutrienti (sempre ineguagliabili nel latte materno), e resta un elemento chiave anche le componenti non nutritive del latte, che forniscono al bambino vecchi e nuovi fattori (anticorpi, ormoni, probiotici, fattori di crescita ed enzimi, così importanti in un organismo in pieno sviluppo che ora sta fronteggiando molto di più cibi e ambienti estranei). Tuttavia, in questa fase anche una quota parziale di latte può rispondere a queste esigenze biologiche.

L’evoluzione della relazione di allattamento

In prospettiva, con un bambino che gioca, corre, chiacchiera del più e del meno, è capace di comprendere in parte lo scorrere del tempo e di negoziare soluzioni di compromesso, l’allattamento non è più un cristallo fragile da maneggiare con cura ma una dimensione non diversa da altre tramite le quali si esprime la relazione con la mamma. In altre parole, così come a volte la mamma dirà di no o proporrà alternative o dilazioni alla richiesta del bambino di essere preso in braccio o di giocare, allo stesso modo si può fare con l’allattamento al seno. “Adesso non posso, ma se ti va possiamo farlo dopo pranzo. Vuoi venirmi ad aiutare a interrare questa pianta?” Lo spazio di contrattazione è ampio e la mamma imparerà presto a capire quando le richieste del bambino sono un “riempitivo” o un sostituto di altri disagi (nel qual caso la mamma può proporre alternative che vadano ugualmente incontro ai bisogni di suo figlio), e quando invece la richiesta del seno nasce da un bisogno urgente e profondo che non può essere negoziato. L’asse dei bisogni si sposta sempre più, a partire dal lato del bambino, verso una posizione intermedia fra lui e la sua mamma, e non è necessario scrivere nella pietra regole assolute o programmarsi i e i no al seno nel corso della giornata: meglio regolarsi con onestà e serenità momento per momento, tenendo conto dei sentimenti e dei bisogni in ogni situazione.

In prospettiva, l’allattamento diventerà una parentesi preziosa, più o meno frequente, in una giornata piena di esperienze e impegni nuovi per madre e figlio, fino a diventare un cameo riservato a momenti speciali (come quello di andare a dormire o dei risvegli notturni) e infine venire abbandonato per diversi modi di nutrire e coltivare la relazione d’amore fra una mamma e il suo bambino.

Antonella Sagone. 11 luglio 2020

3 thoughts on “Allattare a richiesta: come cambia nel tempo”

  1. Silvia ha detto:

    I suoi articoli sono sempre chiari ed empatici. Sono preoccupata per l’andamento dell’allattamento di mia figlia che avrà nove mesi e mezzo quando tornerò a lavorare (full time e lontano da casa) ma in qualche modo riusciremo! Un abbraccio.

    1. Antonella Sagone ha detto:

      Buongiorno Silvia, e grazie per l’apprezzamento!
      Molte madri sono riuscite a mantenere l’allattamento pur riprendendo a lavorare, anche a tempo pieno. SI può dire che ci siano tante soluzioni quante siano le madri che tornano al lavoro, perché ognuna deve organizzarsi con una soluzione fabbricata su misura.
      Alcune madri si organizzano in modo da poter portare i figli presso una baby sitter o un nido vicino al posto di lavoro, piuttosto che casa, specie se lavorano lontano da casa; in questo modo possono allattare il bambino appena prima di lasciarlo al nido, subito dopo l’uscita dal lavoro prima di tornare a casa, e possono anche approfittare delle due ore di intervallo per l’allattamento e della pausa pranzo durante l’orario di lavoro. Altrimenti, si possono utilizzare le due ore per uscire prima dal lavoro.

      In ogni caso, il concetto di allattare e lavorare è che quando siete insieme l’allattamento continuerà a richiesta come prima (preventiva un aumento delle richieste diurne e notturne, specialmente nella prima fase di adattamento della bimba!), mentre in tua assenza tua figlia mangerà cibi solidi o latte (puoi tirarti un po’ di latte nella pausa lavorativa, se la bimba resterà a casa, e lasciarlo poi per il giorno successivo). I week end serviranno per recuperare contatto e latte!
      Una consulente IBCLC può eventualmente affiancarti per aiutarti a identificare la strategia più adatta per voi, l’eventuale scelta del modo per tirarti il latte, e la gestione dell’esperienza di distacco della tua bambina.

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