L’alba del linguaggio umano

L'alba del linguaggio umano

Ogni lingua ha una sua specifica «musicalità», e sonorità diverse. Non soltanto il bambino nei suoi primi mesi ed anni apprende le parole e la costruzione del linguaggio specifico della propria lingua madre, ma ancora più precocemente acquisisce una sensibilità selettiva per quei fonemi che sono caratteristici della lingua parlata intorno a lui. Ma quanto precocemente? Per scoprirlo, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica non invasiva di rilevazione dell’attività cerebrale, la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS). Questa tecnica, basata sulla luce, permette di individuare quali aree della corteccia cerebrale sono irrorate maggiormente di sangue in un dato momento, cioè sono attivate.

I ricercatori hanno misurato in questo modo l’attività cerebrale mentre al neonato veniva fatta ascoltare la registrazione di fonemi, sia pronunciati in modo naturale, che innaturale (all’indietro). Quello che interessava ai ricercatori era vedere se le aree cerebrali preposte al linguaggio si attivassero in modo diverso all’esposizione dei suoni naturali o innaturali.

Lo studio

In questo esperimento finemente disegnato, sono stati studiati 3 gruppi di neonati. Tutti e 3 i gruppi avevano una misurazione fNIRS alla nascita, a 5 ore e a 7 ore di vita, e negli intervalli il gruppo sperimentale e quello di controllo attivo ricevevano stimolazioni sonore (registrazione di fonemi) nel primo e nel secondo intervallo fra i due test, mentre il terzo gruppo (controllo passivo) non riceveva alcun stimolo sonoro. Tuttavia, il gruppo sperimentale riceveva nel test lo stesso set di vocali (in avanti e all’indietro) sia a 5 ore di vita che 2 ore più tardi; il secondo gruppo di controllo (controllo attivo) riceveva invece set di differenti vocali nei due test.

Risultati

Appena nati, i bambini reagivano a tutti i fonemi (dato che una parte di apprendimento ai suoni vocali avviene già nell’utero), ma non mostravano differenze nelle reazioni neurali agli stimoli naturali o innaturali (suoni all’inverso); ma già dopo 5 ore di esposizione, i gruppi sperimentale e controllo attivo mostravano un’attivazione delle aree parietale inferiore e temporale superiore, cioè proprio quelle aree cerebrali che sono preposte alla gestione del linguaggio. Ma il dato interessante è emerso al secondo test, fatto due ore dopo. IL gruppo sperimentale, a cui veniva somministrato sempre lo stesso set di vocali, aveva affinato le sue reazioni e differenziava la risposta quando i suoni erano naturali piuttosto che innaturali; i neonati del gruppo di controllo attivo, che ricevevano set di diverse vocali, non mostravano la stessa reazione. Questo dimostra che non solo l’affinamento percettivo e la sensibilità ai fonemi della lingua avviene con una sorta di imprinting già nelle prime ore di vita, ma anche che questo apprendimento è specifico per ogni vocale, e non genericamente esteso a qualsiasi suono, ma solo a quelli a cui il neonato viene esposto.

Conclusioni

Tutti nasciamo con una sensibilità ad ampio spettro su tutti i possibili suoni che possono essere prodotti dalla voce umana. Ma ogni lingua ha i suoi fonemi, cioè utilizza un determinato set di suoni mentre non ne utilizza altri. Con il tempo, la nostra sensibilità si sintonizza sui suoni della lingua madre, e diviene meno abile a distinguere quelli di altre lingue; e allo stesso modo, i suoni emessi dai bambini nella fase della vocalizzazione si restringono ben presto ai soli suoni della lingua madre.

Questo apprendimento, che avviene fin dalla vita intrauterina, si affina dopo la nascita, ma prima di questo studio non sapevamo quanto precoce, e quanto raffinato, fosse questo apprendimento fin dalle prime ore di vita.

Quando il bambino nasce, tutti i suoi sensi sono attivi ed efficienti: tatto, gusto, olfatto, vista e udito. Fin dagli anni ‘70 il medico Leboyer, con il suo best-seller «nascita senza violenza», parlava della necessità di evitare al neonato inutili abbagliamenti sensoriali: contatto rude, odore di disinfettante, luci intense, suoni forti. Il neonato viene spiaggiato nel mondo extrauterino e, come un naufrago, ha bisogno di quiete, di tempo e del giusto ambiente per abituarsi ai differenti stimoli del mondo esterno: ha bisogno, sostanzialmente, del corpo materno, del contatto pelle a pelle, dell’odore e sapore della pelle e del latte materno, di una penombra soffusa e del dolce suono della voce della sua mamma e dei suoi cari. Interferire con questo delicato e preciso training precoce può avere un impatto, ora lo sappiamo, molto più profondo di quanto potevamo immaginare.

Il testo integrale (in inglese) dello studio può essere letto qui.

Antonella Sagone, 9 novembre 2022

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