Troppo grande per poppare

Ma non è troppo grande per poppare?

Ultimamente sui social si parla di un articolo (che non sono riuscita a rintracciare) che racconta come una madre, che stava accompagnando suo figlio all’altare, sia stata sorpresa poco prima della cerimonia dalla futura sposa, mentre allattava al seno il suo “ragazzo”. Una storia chiaramente inventata, il cui scopo è attirare click (che significa monetizzare la pagina) e scatenare le polemiche e gli odi sui social.

Sembra che questo articolo abbia fatto scalpore e suscitato una quantità di discussioni campate in aria, assolvendo così al suo obiettivo di “acchiappa-click”.

Questa vicenda mi mette tristezza, perché fa capire che anche la notizia più assurda e palesemente inventata viene presa sul serio, con un istantaneo “blackout” del senso critico, quando tale notizia si accorda ai comuni pregiudizi.

Vediamo allora di sfatare qualcuno di questi preconcetti relativi all’allattamento dei bambini non più neonati.

È morboso?

Si sente dire che allattare un bambino che parla e cammina sia “morboso”. Questo modo di esprimersi è mortificante per le donne che allattano oltre i primi mesi, e non pre una presa di posizione ideologica, oppure per incapacità di “far evolvere” il rapporto con il loro figliolo. Semplicemente, ci sono arrivate un giorno dopo l’altro, perché anche se il rapporto con il proprio figlio si era in realtà evoluto, il gesto di allattare era rimasto quel gesto semplice e naturale di accudimento che era stato nei primi mesi.

Sicuramente “morboso” è una parola poco gradevole, però bisogna capire la reazione immediata di tante persone: la cultura da cui provengono non ha permesso loro di vedere il seno nella sua funzione fisiologica, e di vedere dal vivo l’interazione fra una madre e il suo bambino grande allattato, e potersi fare così un’idea realistica e non basata su pregiudizi.

Anche io come psicologa quando sono uscita dalla facoltà avevo sull’allattamento la stessa visione superficiale e gli stessi pregiudizi dell’uomo della strada, compresa l’idea che se l’allattamento falliva era un rifiuto inconscio della madre, e se invece andava oltre un certo periodo era la mamma a volerlo, e tante altre sciocchezze che conoscete bene… poi ho conosciuto tante meravigliose mamme papà e bambini e ho visto coi miei occhi quanto la realtà era diversa. Devo all’esperienza con i miei figli in primo luogo, e poi alle madri che ho conosciuto come consulente in allattamento, la mia crescita professionale e il mutamento di approccio che ho avuto negli anni.

Nonostante nel sentire comune si pensi che allattare un bimbo così grande sia segno di uno squilibrio psichico, non è così. Patologie di relazione o evolutive sono indipendenti dal fatto che il bambino vada ancora o no al seno, come precisa anche il Tavolo Tecnico sull’allattamento al seno del Ministero della Salute a questo link.

Non è più indispensabile?

Alcuni dicono: “Non è più un alimento fondamentale, quindi perché darglielo ancora?”

A parte che ci sarebbe da puntualizzare che il latte materno continua in realtà ad essere un alimento basilare per la salute del bambino finché egli lo assume, ricco come è di nutrienti, proprietà immunologiche, ormoni, enzimi, fattori di crescita, cellule vive, fattori di modulazione del sistema nervoso, e così via…

Comunque, mettiamo pure fosse “non più indispensabile”: è un motivo per toglierlo? Noi adulti (e i nostri figli dopo svezzati) mangiamo solo alimenti “indispensabili”? perché gli diamo la mela, o la banana, o la pastasciutta? Non sono indispensabili!

Ma perché? se possiamo fare a meno di una cosa non dobbiamo più averla? Se si applicasse questo criterio agli adulti, saremmo tutti a pane ed acqua!

Ci accaniamo a voler togliere il latte materno dall’alimentazione del bambino, come fosse un’aberrazione, ma non ci sognamo di mettere in discussione anche cibi ben poco sani, cibi spazzatura, come il fruttolo o la merendina o la caramella… anzi chi lo suggerisce viene tacciato di essere troppo rigido e senza cuore nel togliere queste piccole golosità al bambino… Ma il latte materno, alimento prezioso, quello non si tollera che il bambino lo assuma ancora dopo i primi mesi… perché quello che disturba non è l’alimento in sé, ma è il legame che la relazione di allattamento sugella fra madre e figlio.

Più passa il tempo, più è difficile?

A volte si afferma che più si aspetta a svezzare il bambino, più sarà difficile, e più il bambino farà resistenza e soffrirà a togliergli il seno. Come mamma, come IBCLC e come psicologa vorrei tanto smitizzare questi timori! Sono problemi che non esistono se non nella mente delle persone che, in mancanza di esperienza diretta o competenza acquisita, fanno riferimento solo ai soliti luoghi comuni.

Non è vero che più il bambino cresce, più è difficile svezzarlo. Semplicemente, svezzare un bambino è sempre difficile finché non è pronto. E lo sono ad età diverse, perché questo è uno degli aspetti che rientrano nella variabilità umana. Sebbene fisiologicamente l’allattamento si misura in anni e non in mesi, c’è il bambino che si stacca da sé a due anni come quello che lo fa a 7 anni. Sono normali tutti e due, e tutti quelli che stanno in mezzo. Quindi non ha senso parlare dell’età “giusta” per svezzare in termini assoluti: l’età giusta è quella in cui il bambino si disinteressa del seno. Ma se si ha la pazienza di aspettare, quel momento arriva per tutti i bambini.

Il punto è che un bambino più grande gestisce da sé il graduale distacco dal seno. SI può lasciare fare al bambino, che in un tempo variabile (in genere da un paio di anni a 4-5 anni) abbandona il seno spontaneamente, e in 30 anni non ho mai visto un bambino che restasse “attaccato” una volta cresciuto. Ma si può anche fare uno svezzamento graduale guidato quando è più grande, e non è vero che sarà più difficile: sarà difficile nella misura in cui si cercherà di forzare i tempi o si proporrà una modalità di svezzamento non adatta a quel bambino. Lo svezzamento guidato, comunque, va modellato sul bambino, con gradualità, con metodi che, via via che il bimbo cresce, potranno diventare più articolati, e anche partire da un accordo discusso assieme al bambino stesso.

Potete trovare un dettaglio di questo processo in questo articolo.

Ma non può poppare per sempre!

Nessuna teoria o approccio afferma che si debba far poppare un bambino “all’infinito”; e nessun bambino lo fa. In 40 anni di pratica, ancora devo incontrare il bambino che, lasciato andare al seno quando voleva, non si fosse a un certo punto svezzato dal seno da solo. Ovviamente allattare un bambino di 6 anni è diverso dell’allattare uno di 6 mesi, perché un bambino è diverso da un neonato e quindi anche l’allattamento si declina in modo diverso. Una donna non offrirà il seno al figlio grandicello come faceva quando era neonato: un bambino grande non è che lo si allatta, o prende in braccio, eccetera, tutte le volte che chiede. Per saperne di più su come la relazione di allattamento si evolve nel tempo, potete leggere questo articolo.

Come psicologa perinatale e IBCLC vengo in contatto più facilmente con donne che allattano per anni i loro figli, i quali ovviamente sono emancipati da tutti i punti di vista (pasti solidi, autonomia, tappe evolutive, capacità di gestire le esperienze di separazione, eccetera)

Allattare un bambino “grande” è un fenomeno sommerso ma comunque raro, quando si parla di bambini alle soglie dell’età scolare o poco dopo, per lo meno nella nostra cultura. Che costituisce comunque una minoranza nel mondo e nella storia dell’umanità.

Esiste la realtà dei bambini sani e normali che ancora vanno al seno ogni tanto a 6-7 anni; non necessariamente è segno di disagio psichico, che se c’è è a prescindere dal fatto che ci sia ancora qualche poppata residua. I bambini in età scolare che ancora vanno a volte al seno sono una percentuale molto piccola del totale, come altrettanto piccola è la percentuale di bambini che si staccano naturalmente dal seno a meno di due anni, senza che sia sciopero o forzatura. Si chiamano code della distribuzione normale. Che significa? CI si riferisce a un tipo particolare di curva statistica, dalla classica forma “a campana”, in cui il numero massimo statisticamente parlando di casi si ha nella media della curva (i famosi 3 anni circa), mentre più ci si allontana dalla media, più diventano rari i casi. Ma questa rarità non li fa comunque uscire dalla curva normale per collocarli in una ‘anormale’!

 

In sintesi

  • Non esiste alcun consensus dei neuropsichiatri o degli psicologi su quanto debba durare un allattamento.
  • Non esistono studi con evidenza anche bassa che mostrino danni dell’allattamento oltre i primi mesi od anni.
  • Esiste una mole enorme di studi che ne mostrano i benefici, tanto che l’OMS (che si pronuncia proprio sulla base delle revisioni di studi ad alto livello di evidenza) vi ha basato le sue raccomandazioni.
  • L’OMS HA raccomandato l’allattamento ALMENO fino ai due anni e OLTRE se mamma e bambino lo desiderano. La tempistica è chiaramente espressa.
  • Quando si discute della validità o meno di una certa pratica, si dovrebbe partire dall’osservazione dei dati della fisiologia e dell’antropologia. Se la fisiologia dell’allattamento mostra che ci sono basi biologiche che giustificano allattare a richiesta e a termine, se l’osservazione delle popolazioni umane nei secoli ha mostrato che l’allattamento a termine e a richiesta è il modello più diffuso, fino a prova contraria si dovrebbe assumere questo modello come standard, finché una sufficiente mole di studi ben disegnati non ne dimostri l’errore o il danno. Non certo il contrario.
  • L’obiezione che di default chi è un professionista di un certo ramo (in particolare nel mondo della salute) si basi sulle evidenze scientifiche è veramente ingenua. Nel caso dell’allattamento si sta lavorando proprio per inserire la materia nel corso di laurea di medicina dato che non viene insegnato. E gli studi di neuroscienze esistono; ma professionisti che affermano il danno di allattare oltre i primi mesi, lo fanno proprio perché NON conoscono questi studi.
  • Prendendo atto che il seno non è un organo sessuale e non ha un significato sessuale per il bambino, ma ha la stessa valenza di conforto intimità e piacere di baci abbracci e altre coccole, essendo una coccola molto speciale che dà anche, fra le altre cose, nutrimento. I bambini allattati per anni non sono meno autonomi di quelli nutriti artificialmente, le tappe di sviluppo sono le stesse e la loro relazione con la mamma è analoga a quella dei bambini non allattati, semplicemente perché la poppata non ha il significato che gli viene dato da certe teorie (o meglio, dai seguaci attuali di certe teorie, perché all’epoca di Freud allattare per anni era normale).

Che esista la psicopatologia nessuno lo nega, che esistano comportamenti aberranti nessuno lo nega, che esistano madri che inseguono il figlio fino all’altare per allattarlo personalmente mi permetto di dubitarne, anche se il mondo è bello perché è vario e magari c’è anche questa. Ma più che altro esiste il pregiudizio che le madri non mollino mai i figli e questo, per vari motivi, viene messo arbitrariamente in relazione con l’allattamento di bambini non più neonati. La realtà è che madri che allattano oltre i primi mesi (ma non adolescenti o adulti) vengono asfissiate da critiche e accuse di stare morbosamente trattenendo a sé i loro figli, cosa lontanissima dalla realtà. è di QUESTO, cioè della manipolazione culturale, delle distorsioni causate dall’alimentare pregiudizi, che dovremmo stare a discutere, e non di situazioni irreali e del tutto inventate.

Per una disamina approfondita, dal punto di vista psicologico, dell’allattamento oltre i primi mesi, potete leggere questo articolo.

Conclusioni

L’ignoranza sulla fisiologia dell’allattamento, i pregiudizi sull’allattamento a richiesta, il co-sleeping e l’allattamento dopo i primi mesi sono un problema culturale, che si manifesta in chiunque non abbia conoscenza della fisiologia dell’allattamento, cioè dalle persone qualsiasi ai professionisti, medici, psicologi, giuristi, insegnanti e quant’altro sulla faccia della terra.

Non tutti per fortuna; tuttavia la teoria dell’attaccamento e i dati sulle neuroscienze, non vengono insegnate di default nelle facoltà di psicologia, ed è un fatto che le posizioni rispetto a questi temi siano molto variegate fra i colleghi psicologi e psicoterapeuti, così come fra vari altri professionisti in area sanitaria.

Occorre confrontarsi senza scontrarsi, condividere il sapere, avere il coraggio di rinnegare quelle tesi che non sono suffragate da basi scientifiche o almeno mancano di buon senso e non reggono alla semplice osservazione a lungo termine, restituendo a certe pratiche la loro fisiologia e le radici di una tradizione solo recentemente interrotta.

Se il tuo bimbo grande va ancora al seno, e desideri rimodulare la tua relazione di allattamento, oppure hai dubbi su come e quanto proseguire, o infine non sai come gestire le critiche che ti vengono rivolte, puoi trovare il sostegno di una consulente in allattamento chiedendo una consulenza qui.

Antonella sagone, 23 marzo 2023

One thought on “Troppo grande per poppare”

  1. Sara ha detto:

    grazie Antonella per aver scritto quello che sento nel mio cuore. continuo ad allattare la mia bimba di 3 anni, perché è un gesto naturale e spontaneo e mi sembrerebbe una forzatura smettere! lei me lo chiede e l’intimità di quel momento con la mia bimba mi piace tantissimo quindi perché dovrei dirle di no??? ma mi rendo conto che è un gesto culturalmente considerato strano, morboso…come hai perfettamente descritto nell’articolo. allora leggere il tuo parere mi rassicura e abbraccia le mie emozioni di questo momento. grazie ancora

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