Meno lacrime per i bambini coccolati

Più coccole, meno pianti

Sulla gestione dei pianti del neonato i genitori ricevono indicazioni contrastanti. Libri per genitori e articoli sulle riviste divulgative spesso suggeriscono un approccio educativo volto a “regolarizzare” il bambino sulla base di orari e abitudini precise; questi suggerimenti si radicano da un lato nel luogo comune che teme che un accudimento troppo sollecito possa “viziare” il bambino, e dall’altro nelle teorie comportamentiste, le quali sostengono che prendere spesso in braccio il bambino, allattarlo a richiesta e rispondere prontamente al suo richiamo costituisca una forma di “rinforzo positivo” del pianto, in sostanza incoraggiando e incrementando tale comportamento. Il secondo approccio, che gli autori della ricerca chiamano “prossimale”, vede invece un maggiore contatto corporeo (tenere in braccio, allattare, dormire col bambino) e una pronta risposta ai suoi bisogni.

Lo studio

Nello studio descritto su Pediatrics sono stati individuati tre gruppi di madri con diversi stili di accudimento, per un totale di 261 donne e i loro neonati. Le donne londinesi erano suddivise in due differenti gruppi, dei quali uno effettuava un accudimento definito “prossimale”, ovvero con 15-16 ore al giorno di contatto fisico, in particolare tenere in braccio, allattare a richiesta e dormire con il bambino, mentre nell’altro gruppo del Regno Unito il tempo medio giornaliero di contatto ammontava a circa 8 ore e mezzo; queste madri tenevano i loro figli in braccio per meno tempo sia quando erano svegli che quando erano addormentati, e passavano meno tempo a contatto con il loro bambino anche durante gli episodi di pianto. Un terzo gruppo, danese, si collocava in un punto intermedio fra questi due.

I risultati

Tramite osservazioni e questionari sono stati quindi registrati i comportamenti di madri e bambini, la frequenza del pianto, le poppate e i momenti di irrequietezza del bambino a 10 giorni dopo il parto e poi ancora a 5 e 12 settimane. I neonati accuditi nel gruppo “prossimale” hanno pianto per circa la metà del tempo rispetto all’altro gruppo del Regno Unito; il pianto, nel gruppo londinese a minore contatto, non diminuiva con il passare dei giorni ma si manteneva ancora invariato alla dodicesima settimana. I bambini accuditi con l’approccio “prossimale” si sono mostrati in generale meno irritabili; comunque gli episodi di coliche e pianto inconsolabile non sono stati differenti nei tre gruppi. Pertanto le coliche, secondo i dati dello studio, sono indipendenti dalle modalità di accudimento adottate dai genitori, e non vanno imputate ad approcci o stati d’animo materni ma a motivi derivanti da condizioni fisiche del bambino.

Conclusioni

I risultati dello studio mostrano come prendere in braccio spesso il bambino, e in particolare quando piange, non porta a un incremento, bensì a una diminuzione degli episodi di pianto giornalieri. Questo fenomeno era presente nel gruppo olandese, ma più marcato in quello dell’accudimento “prossimale”, le cui madri inoltre allattavano i bambini con maggiore frequenza degli altri gruppi (14 volte al giorno in media). Dunque lasciar piangere e non prendere in braccio i propri figli non è solo una strategia educativa penosa sia per i bambini che per i genitori, ma è anche inefficace ai fini di incoraggiare la riduzione del pianto. Pianto che, è bene ricordarlo, è un segnale e in quanto tale ha una funzione utile, che è quella di segnalare all’adulto un bisogno del bambino, che può essere di nutrizione ma anche di semplice contatto.

L’abstract (in inglese) dello studio può essere letto qui.

Antonella Sagone, 3 maggio 2023

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