Allattare a lungo previene l’osteoporosi

Allattare a lungo previene l'osteoporosi

Sebbene le ossa siano il tessuto più “solido” del corpo, hanno un metabolismo intenso e un ricambio costante dei loro componenti.

La robustezza dell’osso dipende dalla sua mineralizzazione (calcio, fosforo ed altri minerali) e dalla solidità della sua impalcatura (la struttura interna). Il metabolismo del calcio nelle ossa si espleta in un costante ricambio, in un equilibrio dinamico fra fissazione e riassorbimento. Il calcio viene rimosso dalle ossa e riassorbito in circolo per essere eliminato con le urine, ma soprattutto utilizzato in altri tessuti e funzioni: è infatti un elemento essenziale per la vita cellulare, la trasmissione nervosa e serve a riequilibrare il ph del sangue laddove divenisse troppo acido. Questo complesso meccanismo di ricambio (turnover) è governato in modo complesso dal sistema neuro-endocrino-immunitario; sappiamo ad esempio che la vitamina D e gli estrogeni sono fondamentali per la fissazione del calcio nelle ossa, e che anche l’attività fisica gioca un ruolo importante; ma la ricerca sta ancora indagando tutti gli elementi in gioco (e le loro interazioni) in questo complesso intreccio metabolico.

Cosa succede in allattamento

In questo scenario la condizione della donna che allatta si inserisce con tutte le sue peculiarità. Sappiamo infatti che ella utilizza parte del calcio nel processo di sintesi del latte, in quanto il fabbisogno di calcio del bambino è elevato. A compensazione di quello utilizzato nella lattopoiesi, altro calcio viene assunto con il cibo, assimilato e portato di nuovo nelle ossa dove viene fissato, ripristinando l’equilibrio. Dato il maggiore fabbisogno di calcio della donna che allatta, si potrebbe pensare che ne necessiti un maggiore importo attraverso l’alimentazione; ma questo non è così cruciale in realtà, perché le donne in lattazione hanno altri meccanismi di compensazione, che si esprimono secondo le varie fasi della lattazione. Queste fasi sono modulate dalla prolattina, l’ormone che induce la secrezione di latte e che nelle prime settimane è molto alta mentre successivamente decresce progressivamente, anche se la donna continua ad allattare e produrre latte. La prolattina quando è elevata blocca gli estrogeni, ed è per questo che il ciclo spesso è assente nei primi mesi di allattamento (amenorrea lattazionale). Al calare della prolattina il ciclo estrogenico riprende e con esso la fertilità.

Il metabolismo del calcio è potenziato nelle donne che allattano; questo determina da un lato una maggiore assimilazione del calcio introdotto con l’alimentazione, ma dall’altro una maggiore perdita di calcio dalle ossa, specialmente nelle prime settimane e mesi dopo il parto. La demineralizzazione delle ossa in allattamento è un fenomeno fisiologico e non dannoso di per sé, anzi sembra essere presupposto per una migliore rimineralizzazione in una fase successiva, ovvero quando l’inibizione del ciclo fertile (causato dal blocco estrogenico della prolattina, che è alta nelle prime settimane) viene meno con la naturale diminuzione di questo ormone, che si verifica anche se la madre continua ad allattare.

Con il naturale calo della prolattina, che sblocca la secrezione degli estrogeni e fa riprendere il ciclo fertile, il turnover osseo migliora, le ossa vengono rimineralizzate grazie agli estrogeni, e questo possono persino divenire più robuste di quanto lo fossero prima della gravidanza.

I benefici dell’allattamento oltre i primi mesi

I risultati degli studi sono contraddittori e alcune ricerche hanno evidenziato il fatto che in età avanzata la frattura dell’anca è maggiore fra le donne che hanno avuto figli e hanno allattato, rispetto alle nullipare. Alcuni studi hanno evidenziato come l’organismo materno tenda a sottrarre calcio dalle ossa durante la gravidanza e l’allattamento, per provvedere al fabbisogno del feto prima e del lattante poi. Questi risultati hanno alimentato il pregiudizio che allattare sia dannoso per la salute delle ossa e porti a un maggior rischio di osteoporosi.

Tuttavia, quando si vanno ad esaminare da vicino questi studi, si trovano spesso varie limitazioni, e in particolare si rileva che i rilevamenti relativi al riassorbimento di calcio e agli altri indici di perdita di massa ossea sono stati effettuati non oltre il sesto mese di allattamento, e spesso anche non oltre i 2-3 mesi. Questo può aver fotografato una situazione transitoria e caratteristica del primo periodo di allattamento, quando la prolattina è alta e inibisce gli estrogeni.

Questo studio ha il pregio di aver esaminato i tassi di osteoporosi in relazione alla durata di allattamento anche per lunghi periodi. I risultati hanno mostrato che quando gli estrogeni aumentano e il ciclo fertile riprende, il calcio torna a fissarsi nelle ossa e dopo un certo periodo, comunque superiore ai 6 mesi, non si riscontra differenza fra le donne che hanno allattato oppure no.
Ma questo studio va ancora oltre e confronta le donne che non hanno allattato con quelle che hanno allattato a lungo: più di sei mesi, un anno, due anni o tre anni e oltre.

A questo punto si è evidenziata una associazione fra durata dell’allattamento e robustezza delle ossa, con una relazione dose-risposta, cioè tanto più a lungo la donna allatta, tanto più l’osso si rimineralizza.

Da questo studio si deduce che la condizione più raccomandabile per una donna che allatta è di proseguire oltre il periodo di amenorrea lattazionale, e continuare ad allattare dopo il ritorno del ciclo. In questo modo si combineranno sia i vantaggi di allattare (potenziamento del metabolismo del calcio e sua migliore assimilazione) che di avere un ciclo fertile (miglior fissaggio nelle ossa grazie all’effetto degli estrogeni).

Il testo integrale (in inglese) dello studio può essere letto qui

Antonella Sagone, 31 luglio 2024

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