La fatica di poppare al biberon
Una convinzione molto diffusa, anche e soprattutto fra gli operatori della salute, è che per il neonato poppare dal biberon sia più «facile», cioè in qualche modo meno faticoso rispetto alla suzione al seno, e che quindi sia più agevole per il lattante ottenere il latte da una tettarella piuttosto che dal seno materno. Questa idea si basa sul fatto che per ottenere il latte dal seno il bambino debba succhiare attivamente, mentre dal biberon spesso il latte «goccia» fuori anche solo in base all’inclinazione della bottiglia, o a seguito anche di minimi movimenti della bocca e della lingua.
La conseguenza di questa convinzione è che spesso si consiglia alla mamma di dare il latte col biberon, invece che direttamente al seno, appena esiste una condizione (prematurità, malattia, patologie cardiache o respiratorie) che può portare il bambino ad affaticarsi più facilmente. Di più, nei reparti di terapia intensiva neonatale e di patologia neonatale spesso non si permette al neonato di poppare al seno materno finché non ha raggiunto un certo peso o stabilizzazione, e non ha dimostrato di essere in grado di poppare efficacemente al biberon, con la motivazione che al seno il bambino «si stanca troppo».
Questo consiglio, oltre a mettere a rischio la buona riuscita dell’allattamento al seno, è in sé controproducente; invece è da circa vent’anni che le ricerche ci mostrano come la realtà sia l’esatto contrario. Al seno il bambino succhia più agevolmente, in modo più rilassato, e suzione, deglutizione e respiro sono più regolari e coordinati, il che risulta in una migliore ossigenazione durante la poppata. Questo è stato provato relativamente ai bambini prematuri da numerosi studi, fra cui Chen e collaboratori con una ricerca effettuata a Taiwan.
Un altro studio di Marino e collaboratori, effettuato in USA, aveva già in precedenza mostrato questa verità relativamente ai bambini con cardiopatie; al seno mostravano una buona saturazione mentre al biberon faticavano a tenere il ritmo con il flusso del latte, perdevano coordinazione, si ossigenavano e saturavano meno bene. Persino nei bambini estremamente prematuri (24-28 settimane, peso medio di 670 grammi), lo stress cardiorespiratorio era più elevato se alimentati con il biberon invece del seno, come dimostrato da questo studio sempre effettuato negli Stati Uniti. Naturalmente, per i neonati fortemente prematuri può presentarsi la necessità di integrare il latte materno per accelerare l’aumento di peso; ma anche in questo caso, numerosi studi, come questa ricerca effettuata nel Connecticut su bambini prematuri, mostrano che l’ossigenazione e la frequenza cardiaca sono migliori se il neonato riceve l’integrazione con metodi alternativi al biberon, come ad esempio una tazzina (cup feeding).
Ovviamente, poppare con più calma significa che le poppate al seno dureranno forse più a lungo; occorre più pazienza e la consapevolezza che un bambino con difficoltà potrà aver bisogno di pasti più frequenti e brevi rispetto a un neonato a termine. Tuttavia l’aspetto cruciale del benessere del lattante durante la poppata sembra essere determinato non tanto dallo «sforzo» della suzione, quanto dall’intensità del flusso del latte, e dalla possibilità per il bambino di regolarlo in modo da non venire sopraffatto ed essere costretto ad annaspare per tirare il fiato. Sotto questo punto di vista, non si può che prendere atto che la suzione al seno permette la performance migliore e la migliore ossigenazione, mentre il biberon causa spesso un più o meno intenso distress cardiorespiratorio.
L’abstract (in inglese) dello studio di Chen può essere letto qui.