Che cos'è la disobbedienza civile
Molti pensano che la disobbedienza civile sia semplicemente una forma di protesta, oppure al contrario che sia una scelta radicale in violazione aperta alla legge. Ma non è nessuna delle due cose. La disobbedienza civile si attua comportandosi secondo la sostanza delle norme morali, anche se questo significa contraddire leggi ingiuste che vanno contro i diritti naturali delle persone. Se una legge viola questi diritti naturali, costringendo i cittadini a subire abusi, o peggio, a perpetrarli verso propri simili, si può scegliere di non applicarla, ma in maniera aperta e nonviolenta, rendendo nota la propria scelta e mostrandosi pronti anche a subire le conseguenze penali del proprio comportamento, cioè le punizioni previste per chi viola la norma. È questo a fare la differenza con una semplice “ribellione”, perché smaschera le ipocrisie e le contraddizioni di un regime basato sull’ingiustizia, aumenta la presa di coscienza collettiva e costringe la legge a cambiare. Mentre altre reazioni sconfinano nell’illegalità, la disobbedienza civile è quanto di più legale esista, perché reclama l’applicazione della norma ingiusta contro se stessi, mettendone così a nudo le contraddizioni e l’illegittimità.
Un esempio concreto
Un esempio ipotetico, basato però su un fatto realmente avvenuto, può far capire meglio.
L’antefatto è il seguente. Qualche anno fa, in un’estate particolarmente torrida, in una metropoli riarsa dal sole e dalla mancanza di precipitazioni il Sindaco, per ragioni di “decoro urbano”, vietò con un’ordinanza ai cittadini di lasciare contenitori d’acqua in strada per dissetare gli animali randagi.
Il cittadino aveva varie possibilità.
- Obbedienza: non mettere contenitori d’acqua per strada.
- Adattamento: aprire la propria casa ai randagi e dissetarli all’interno del proprio spazio privato.
- Protesta: fare una manifestazione, una raccolta firme, protestare sui social, scrivere lettere infuocate, eccetera.
- Rivolta: andare sotto il palazzo comunale e tirare sassi (o magari ciotole d’acqua) contro l’ufficio del Sindaco.
- Disobbedienza: mettere in giro ciotole d’acqua in luoghi un po’ nascosti, ad orari poco frequentati, sperando di non essere colti in fallo ed evitare così la multa.
- Disobbedienza civile: annunciare pubblicamente che si disobbedirà all’ordinanza, rendendo noto il luogo e il momento. Andare a lasciare una ciotola d’acqua davanti a una postazione di vigli urbani o di forze dell’ordine, facendo notare che si sta disobbedendo a una legge, e chiedendo di essere fermati, arrestati, multati eccetera.
Quest’ultima azione, rigorosamente nonviolenta, ha la massima efficacia se viene fatta previa adeguata campagna di informazione mediatica, e resa un’azione collettiva da parte di molte persone insieme. Mentre la semplice disobbedienza potrà tutt’al più generare qualche protesta o risolvere problemi individuali, la disobbedienza civile può davvero smuovere le montagne, come ci insegnò Gandhi che, attraverso questo tipo di azione, riuscì a liberare l’India dal giogo del colonialismo inglese.
Conclusioni
Ora, lasciamo stare gli animali vaganti assetati e pensiamo a una qualsiasi delle leggi, decreti, disposizioni amministrative od ordinanze con cui ci stanno tormentando da qualche anno a questa parte: norme assurde, prive di utilità, senso e ragione, contraddittorie, vessatorie e spesso in contrasto con valori etici fondamentali. Presto ci pioverà addosso l’ennesima pretesa accompagnata dall’esortazione alla “resilienza”, che nel linguaggio del potere significa obbedienza, adattamento e al limite una disobbedienza discreta.
Quanti di voi sono pronti invece a disapplicare una norma ingiusta? Ad affrontare la risposta di un regime che è pronto a perseguitare con multe, restrizioni ulteriori della libertà, ostracismo, linciaggio morale e sociale chi non si mostra acquiescente verso le loro pretese?
Come psicologi, sappiamo quanto sia difficile affrontare una presa di posizione apertamente critica verso il potere costituito. Tutti noi abbiamo bisogno della sicurezza di non subire provvedimenti penali o civili: non tutti se la sentono di pagare questo prezzo. Soprattutto, un forte deterrente alla disobbedienza è il bisogno, cruciale per gli esseri umani, di ricevere approvazione, di essere accolto fra i suoi pari e di provare un caldo senso di appartenenza alla comunità. Disobbedire significa non solo sfidare le autorità, ma anche rischiare la disapprovazione di quanti invece aderiscono alle norme senza dubbi e tentennamenti. Ma occorre sapere che le ritorsioni saranno tanto meno probabili quanto più numerosi saranno i cittadini che aderiscono all’azione nonviolenta.
La disobbedienza civile ci tutela proprio dal punto di vista legale, e nello stesso tempo ha la massima azione di trascinamento verso quella parte della popolazione che resta generalmente in silenzio e passiva di fronte ai soprusi.
Qualcuno deve pur cominciare a farlo, e quel qualcuno dovrà essere pronto a rischiare un po’ e a trovare nuovi equilibri nella propria vita, pur di esercitare il proprio diritto.
Quel qualcuno sei tu, sono io, siamo tutti noi.
Grazie Antonella, non mi era chiara la differenza tra la semplice disobbedienza e la disobbedienza civile. In questi ultimi ho disobbedito come mai prima nella mia vita ed ho compreso che è l’unico modo per tentare di scardinare gli attacchi del potere. È bellissima la tua chiosa ‘Quel qualcuno sei tu, sono io, siamo tutti noi’, restituisce grande forza a noi semplici comuni mortali.
Grazie a te Silvia.
penso che ci dobbiamo riappropriare del nostro potere di dire no, che è qualcosa di diverso dalla semplice ribellione. Anche io in questi ultimi anni ho detto no, e ne ho affrontato le conseguenze con la forza che ti restituisce la consapevolezza di non aver tradito la propria coerenza morale. Se mi si ripresenteranno situazioni simili, penso che i mio rifiuto di colludere sarà ancora più netto, e confido nella “contagiosità” dell’esempio che nasce proprio da noi gente comune.