Studiare l’amore attraverso la crudeltà

Studiare l'amore attraverso la crudeltà

Una ricercatrice della Harvard Medical School (Boston) da anni studia i fattori chiave per il processo di attaccamento che permette il legame fra madre e neonato subito dopo il parto. I suoi soggetti preferiti sono le femmine di una specie di macaco e i loro piccoli, che in vari modi vengono separati alla nascita per osservare cosa succede del loro istinto di attaccamento.

La Livingstone si è ispirata allo storico esperimento di H.F. Harlow, che alla fine degli anni ’50 privò dei piccoli di scimmia della loro madre e li mise in una gabbia dove era presente una “madre” che nutriva (dotata di biberon) ma era di freddo metallo, e un’altra che non forniva cibo ma era ricoperta di stoffa. I piccoli passavano tutto il tempo, tranne quello necessario a nutrirsi, sulla madre di stoffa, apportando così la “straordinaria” scoperta che i cuccioli ricercano una esperienza tattile confortevole per legarsi affettivamente alla loro madre.

Tale precedente ha indotto la Livingstone a chiedersi se anche per la madre la formazione del legame passava attraverso stimoli tattili.

L’impresa è consistita nel sottrarre (la Livingstone dice “rimuovere”) poco prima dell’alba a delle madri macaco i cuccioli nati durante la notte. Per riuscire a strapparglieli senza che opponessero resistenza (la ricercatrice dice “per ridurre il trauma”) le madri venivano leggermente sedate. Con la luce del mattino, si ritrovavano senza il piccolo, ma veniva fatta trovare nella gabbia una serie di giochi, tra cui il peluche. Le madri private del piccolo si stringevano al petto il peluche e lo accudivano come fosse vivo, e si attaccavano ad esso a tal punto che in seguito non accoglievano neppure il loro vero piccolo, che veniva loro ripresentato.

I piccoli sottratti alle madri, nel frattempo, venivano cresciuti dal ricercatore “allo scopo di studiare gli effetti di un’esperienza visuale precoce alterata sul loro sviluppo cognitivo” (non osiamo immaginare in quale modo, sebbene sappiamo che in precedenza la stessa ricercatrice ha compiuto studi analoghi, nei quali aveva cucito le palpebre dei giovani macachi per impedire loro un’esperienza visiva).

Conclusioni dello studio

Quali conclusioni porta questa ricercatrice da tale ingegnoso esperimento? Innanzitutto, afferma, ora sappiamo che la pena materna causata dalla perdita del neonato può essere alleviata (o quanto meno la madre smette di disperarsi) da un pupazzo di stoffa che non suona, non si muove, non odora ed è praticamente privo di faccia.

E di quale utilità ci è questa eccezionale scoperta? Non certo per capire gli umani (la ricercatrice mette le mani avanti dicendo che non si può translare così facilmente un risultato da una specie all’altra), tuttavia possiamo concludere che “toccare qualcosa di morbido può essere calmante e terapeutico ad ogni età”. E comunque, oltre a questo dato straordinario, questo studio è utile ai ricercatori perché, sempre a detta della Livingstone, “l’uso di questi surrogati può essere una tecnica utile per ridurre lo stress che le madri animali provano alla morte o alla cattura dei loro cuccioli”.

In altre parole: possiamo continuare a torturare queste madri animali tranquillamente, portando via loro i piccoli e anche uccidendoli, perché un peluche ridurrà la loro angoscia.

Ma poi ecco le ulteriori considerazioni che questo studio suscita nei ricercatori: in fondo, dice la Livingstone, non sono necessari stimoli complessi per sostituire un neonato vivo: quello che conta per innescare il processo di attaccamento è lo stimolo tattile.

Nessuno si sofferma sul fatto che questa osservazione è stata fatta non solo su un’altra specie e non quella umana; ma anche che tale soggetto era una scimmia nata in cattività, che aveva trascorso la gravidanza in isolamento, e a cui era stato sottratto il piccolo dopo poche ore, sotto sedazione, per essere sostituito con un surrogato, sempre in una condizione di prigionia innaturale. L’operazione di riduzionismo scientifico è stata effettuata, e una cosa complessa, potente, emotivamente intensa come il legame amorevole e tenero fra una madre e il suo piccolo, è stata trasformata in una reazione neurormonale controllata dal toccare qualcosa di morbido; è stata cioè ridotta a un concetto e a una serie di fattori facilmente misurabili, ripetibili, controllabili. Ah, la Scienza!

Il testo integrale(in inglese) dello studio può essere letto qui.

il secondo di due articoli sullo scopo della scienza e sulle sue deviazioni si trova qui.

Un’ulteriore approfondimento su questo studio e, in generale, sulla fallacia e immoralità degli studi su modelli animali, viene trattata in questo articolo.

È confortante sapere che questo studio ha suscitato nella comunità scientifica e non solo un’ampia indignazione. Più di 250 scienziati hanno redatto e sottoscritto una lettera alla rivista scientifica, chiedendogli di ritrattare lo studio. Si sono uniti alla protesta etologi, primatologi e gruppi contro la sperimentazione animale.  Queste ricerche non solo non vanno promosse, ma soprattutto le riviste scientifiche non dovrebbero dare loro spazio. Solo in questo modo si potrà arrestare la deriva di una scienza nichilista, disconnessa dalla vita e anzi avversa ad essa, che non può che alla fine approdare ad applicare anche agli esseri umani la stessa disumanità.

Antonella Sagone, 4 gennaio 2023

5 thoughts on “Studiare l’amore attraverso la crudeltà”

  1. Spartaco ha detto:

    dire che sono disgustato è poco, grazie per fare uscire queste crudeltà dai laboratori, di cui altrimenti non sapremmo nulla

  2. Gabriella Errico ha detto:

    Come Pediatra e Neonatologa concordo in pieno con le conclusioni della Dott.ssa Sagone e mi fa molto piacere che altri 250 colleghi e ricercatori abbiano chiesto il ritiro di questa inaccettabile pubblicazione ed immorale ricerca

  3. Manuela ha detto:

    Da biologa impegnata nella promozione di metodi alternativi senza animali ritengo che questo tipo di “ricerca” sia aberrante dal punto di vista etico e dannosa dal punto di vista scientifico. La Scienza del XXI secolo è un’altra cosa.

  4. Maria Concetta Digiacomo ha detto:

    Come continuare a scoprire “l’acqua calda”!!! Di questo tipo di “studi” è lastricata la componente più inutile di una certa maniera di fare scienza. Si continuano ad ignorare la vera ricerca condotta da grandi primatologi che hanno osservato in natura le grandi scimmie in particolare il monumentale ed affascinante lavoro condotto da Jane Goodall, proprio su primati non umani e non si sognano di traslare all’uomo tutto ciò che è tipico di altre specie, quindi NON traslabile! La vera Scienza si indigna e non può accettare, oltre alla crudeltà, la totale inutilità di queste “ricerche”, per non parlare dell’immane speco di risorse umane ed economiche! INACCETTABILI QUESTE PUBBLICAZIONI, offendono tutti coloro che si adoperano e credono nella vera Scienza!

  5. Anna Barbieri ha detto:

    Una pubblicazione indifendibile sotto tutti i profili nonostante i tentativi compiuti dalla Harvard Medical School e che dovrebbe destare serie riflessioni a chi considera ancora il modello animale “necessario, indispensabile, insostituibile “.

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