Ragazzi maleducati

Ragazzi maleducati: Colpa dei genitori "troppo buoni"?

Gli articoli che si leggono nelle riviste o siti per i genitori spesso non sono molto teneri nei confronti della disciplina dolce o, come preferisco chiamarla, la guida gentile nell’educazione dei bambini.
Questi articoli, tutti più o meno simili fra loro, commentano in genere i comportamenti da “bulli” di alcuni ragazzi, e da lì si scagliano contro la disciplina dolce, accusandola di essere la causa di tutti i mali, perché secondo questa teoria avrebbe permesso che questi ragazzi crescessero “senza freni”, senza rispetto per gli altri, viziati, dipendenti e prepotenti.

Conseguenze logiche… o forse no!

In pratica, la traccia tipica è la seguente:

  • la gioventù di oggi è prepotente e violenta;
  • il mondo è cattivo e ostile, i ragazzi non sono preparati ad affrontarlo;
  • a volte i ragazzi a scuola si comportano male, perché a casa non sono stati abituati alla disciplina e ai sacrifici;
  • i genitori di oggi sono disastrosamente accondiscendenti, troppo “buoni”, lasciano decidere i bambini;
  • si spera in un “serio intervento” da parte dei genitori.

Ma che nesso logico c’è fra tutte queste affermazioni? sono legate insieme ma il collegamento è illusorio, un costrutto basato su luoghi comuni, concetti superficiali e generici. Tutto però viene detto un tono di assoluta sicurezza, come fosse una cosa scontata, e a una lettura superficiale risulta molto convincente, specie se proviene da figure “autorevoli”.
Ma vediamo se davvero queste affermazioni reggono a un’analisi critica, se proviamo a porci domande senza farci trascinare dalla retorica.
Per esempio,

  • Siamo davvero sicuri che i giovani di oggi siano più maleducati di quelli di ieri? Ogni generazione adulta si lamenta della mancanza di disciplina dei giovani, che per loro natura tendono a uscire fuori dai confini che sono stati dati loro.
  • Cosa c’è di male nel permettere anche ai bambini di fare scelte che vanno incontro ai loro bisogni, quando ciò è possibile? Se lasciare che sia il bambino a scegliere secondo i suoi desideri è “buonismo educativo” ed è una cosa mal fatta, imporre le decisioni invece è “cattivismo educativo” ed è una cosa buona?
  • In che modo crescere con dei genitori “miti” e accondiscendenti produrrebbe ragazzi inclini alla violenza fisica?
  • Se la violenza si esprime a scuola, come fa il problema ad avere origine nella mitezza in famiglia?
  • Se l’insegnamento “mancato” a casa è imparare ad accettare la volontà dei genitori, anche quando non piace, in che modo questo preparerebbe il ragazzo agli ostacoli del mondo di fuori?
  • Il succo è che l’educazione “seria” consista nell’insegnare al bambino a essere accondiscendente, a casa e fuori?
  • Il succo /bis di un’educazione valida è che solo dopo aver salito la scala di potere sociale si può imporre la propria volontà verso chi è più debole – ad esempio, ai propri figli quando si diventa genitori, ai propri alunni se si diventa insegnanti?
  • Che cosa c’entra tutto questo discorso con la disciplina dolce?
  • Che cosa c’entra tutto questo discorso con il bullismo?

Per approfondire queste domande potete leggere numerosi articoli sul mio sito, come ad esempio Ritrovare la via dell’amore incondizionato, oppure Guida gentile, la via dell’assertività e dell’amore. Il mio primo libro, La rivoluzione della tenerezza, è del tutto dedicato a questo argomento.

La frase dopo il “MA”

Gli atteggiamenti giudicanti e punitivi verso i bambini si fondano su un’ideologia dell’educazione intesa come azione “correttiva” dell’adulto verso un bambino fondamentalmente “cattivo”, cioè che tende verso l’egoismo, la mancanza di controllo, il vizio. In questo tipo di manuali, articoli e trasmissioni TV affollate da Tate in divisa, si sprecano le metafore con il giardiniere che pota l’alberello dai rami secchi, strappa le erbacce e mette stecche per far crescere diritto il fusto, oppure quelle dell’addestratore di animali che usa il bastone e la carota – metodi che, per dirla tutta, non si dovrebbero riservare nemmeno agli animali.
Quando gli approcci autoritari o peggio manipolatori vengono subiti dal bambino, questo da adulto tenderà a riproporli in modo acritico e spesso anche inconsapevole.
Ma non si tratta solo di un retaggio del passato. Lo stesso tipo di pressione e manipolazione subito dal bambino viene infatti esercitato nel presente nei confronti dei genitori, facendo intendere loro che per essere accettati e riconosciuti dalla comunità come “bravi genitori” si dovranno attenere a certi comportamenti, e che i sentimenti di compassione che provano verso i loro figli (per esempio, quando piangono la notte e vogliono essere presi in braccio) siano sbagliati e riprovevoli.
C’è un uso manipolatorio del linguaggio, per esempio aprendo il discorso con frasi accattivanti che lusingano i genitori, facendo dichiarazioni generiche di sensibilità e attenzione verso l’infanzia, per poi propinare però i soliti vecchi luoghi comuni sul virgulto da potare e raddrizzare, fornendo standard e limiti conformi all’ideologia, oltre i quali le cure amorevoli diventano “troppo” affettuose o troppo prolungate.
E poi c’è l’uso del “MA” che dopo la prima frase che serve ad accattivare (far prigionieri) introduce la seconda, che veicola il condizionamento.
SI dice ad esempio: certo, allattare è un benefico per la mamma e il bambino, MA anche la mamma ha diritto ai suoi spazi”. Proviamo a invertire le due proposizioni: “La mamma ha diritto ai suoi spazi MA allattare è benefico per lei e per il bambino”. Non suona in tutt’altro modo?

Il “vero” messaggio è sempre dopo il ma, e quello che lo precede è ciò che va scartato.

Liberarsi dal giogo dei giudizi

Questi modi di comunicare mettono l’enfasi su ciò che i genitori “devono” o “non devono” fare per educare nel modo “giusto” i propri figli. Facendo leva sull’insicurezza e la vulnerabilità degli adulti (specie quelli a loro volta cresciuti con la manipolazione), li spingono a perpetuare sui bambini lo stesso approccio giudicante, per sentirsi assolti ed approvati.
Biasimare i genitori ogni volta che vanno incontro ai bisogni dei loro figli fa rompere il patto di alleanza e fiducia fra loro e i propri figli, facendo leva sul bisogno che i genitori hanno a loro volta di ricevere fiducia e sentirsi sostenuti dalle proprie figure di riferimento (i propri genitori, pediatri, insegnanti, consiglieri spirituali, amici).
Per approfondire il tema della manipolazione dei bambini e delle sue conseguenze nella vita adulta, potete leggere il mio libro Il bambino autentico.

Come uscire da questa trappola che rende gli adulti “cattivi” (cioè prigionieri, come dice la radice di questa parola) verso i bambini?
In primo luogo, è importante fare rete fra adulti di uguale sensibilità, che condividono una visione dell’educazione basata sull’empatia e il rispetto. E poi è necessario accogliere il proprio bambino interiore e la sua sofferenza, ed amarlo in modo compassionevole, come non è stato fatto a suo tempo dagli adulti in cui confidava: un percorso impegnativo e a tratti doloroso, ma che restituirà integrità all’adulto e proteggerà nel futuro quella del bambino.

Liberarsi del linguaggio giudicante, che purtroppo ci hanno insegnato fin da piccoli, è un passo fondamentale per svincolarci dal giogo dei giudizi, andare oltre lo stereotipo e arrivare al cuore dei problemi. Non c’è bisogno di “trovare colpevoli” o di biasimare nessuno, ma solo di osservare con rispetto e attenzione, riflettere insieme e soprattutto ascoltare e ascoltarsi.

Antonella Sagone, 16 luglio 2022

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