Perché non si allatta in pubblico

Perché non si allatta in pubblico?

Quando l’allattamento al seno non è culturalmente percepito come normale dalla società, può diventare disagevole allattare in pubblico. Il pregiudizio nei confronti dell’allattamento in pubblico, in origine caratteristico delle società anglosassoni, si sta gradualmente estendendo anche nei nostri paesi mediterranei, compresa l’Italia. Lo stigma può così pregiudicare sia la durata totale dell’allattamento al seno, che la durata del periodo di allattamento esclusivo. Infatti i bambini nei primi mesi hanno bisogno di poppare molto spesso e con frequenze e durate poco prevedibili; questo fa sì che spesso la madre, per poter uscire con tranquillità, lascia il bambino in casa affidato ad altri, oppure in pubblico lo nutre con il biberon. Anche se si tira e da il suo latte, il mezzo di somministrazione è però il biberon, e già solo questo interferisce con il proseguimento dell’allattamento, perché introduce un’abitudine di suzione differente da quella al seno, con il rischio che il bambino perda efficacia quando poppa al seno della madre. Inoltre in certi casi si ricorre al ciuccio per dilazionare il momento della poppata e prolungare il periodo fuori casa con il bambino; ma questo interferisce con l’allattamento a richiesta con la conseguente minor stimolazione del seno e il declino della produzione di latte. Lo stesso avviene se l’aggiunta somministrata è di formula invece che di latte materno. Infine, con il crescere del neonato aumenta la disapprovazione per le madri che allattano, e quindi anche per questo motivo l’allattamento al seno potrebbe essere abbandonato precocemente rispetto alle richieste del bambino, generalmente dopo l’introduzione dei cibi solidi.

Questi ricercatori hanno rintracciato 71 studi sull’allattamento che citavano dati sull’allattare il pubblico; questo significa quasi 17.000 madri. Esaminando sia le caratteristiche dei loro allattamenti, nonché i fattori circostanti (famiglia, clima sociale, presenza di discriminazioni, ecc.) gli autori hanno individuato alcune variabili critiche per il successo dell’allattamento.

Le leggi a protezione del diritto di allattare in pubblico sono presenti in diversi Paesi (e già questo dovrebbe farci riflettere, sul fatto che sia necessaria una legge per proteggere la fisiologia…); ma non è sufficiente la legge, se poi manca una cultura dell’allattamento.

Le disuguaglianze percepite e i pregiudizi riguardanti la razza, la condizione di migrante, l’estrazione sociale o le condizioni fisiche (ad esempio il sovrappeso) peggiorano il giudizio della gente nei confronti della donna che allatta, aumentando lo stigma già esistente.

La conoscenza della fisiologia dell’allattamento (o la sua mancanza) giocano un ruolo fondamentale. Molti pensano che allattare significhi dover scoprire completamente il seno, e lo equiparano a un atto di esibizionismo; la mancanza di esperienza diretta e comune nell’assistere all’allattamento ne fa un gesto strano o morboso. Cruciale è la diffusione di alcune conoscenze non solo sui benefici dell’allattamento, ma anche su cosa sia normale nelle interazioni fra madri e figli (ad esempio aumentare la consapevolezza dei piccoli segnali che dà il bambino quando desidera poppare). In alcune culture il latte è percepito come un fluido biologico e per tale motivo «sporco» o contaminate; il gesto di allattare come strano o perverso; l’allattare al seno come segno di povertà dei genitori (mancanti di denaro per acquistare la formula); infine in alcuni casi è il partner ad essere in imbarazzo o geloso e disapprovare l’allattamento in pubblico della sua compagna. In alcuni casi, le donne hanno riportato rimproveri o insulti ad alta voce, essere scacciati da luoghi pubblici, o perfino molestie sessuali.

Anche l’ambiente fisico può scoraggiare l’allattamento: l’assenza di luoghi comodi per allattare, che garantiscano una certa calma e riservatezza, può essere un deterrente. In alcuni casi esistono luoghi dedicati, ma non sempre questi sono comodi o confortevoli, e peraltro non aiutano a favorire l’edificarsi di una cultura dell’allattamento come atto normale. In talune situazioni, l’assenza di luoghi adatti e lo stigma dell’allattamento in pubblico porta le donne ad allattare in luoghi decisamente inappropriati e sgradevoli come i bagni pubblici.

Occorre un profondo cambiamento culturale per reinserire il gesto di allattare un bambino nella normalità di ciò che può avvenire negli spazi sociali. Allattare è parte della relazione madre-figlio, come cullarlo, protarlo in braccio, addormentarlo; non dovrebbe essere fonte di scandalo, indignazione o biasimo, e meno che mai di fraintendimenti su una sua presunta natura sessuale. Dovrebbe essere un gesto sul quale l’osservatore non si soffermi più di qualche secondo, perché considerato ovvio e normale. Occorre diffondere informazione, fare campagne culturali, e fare spazio alle donne che allattano e ai loro bambini, a prescindere dalla loro età, all’interno degli spazi sociali comuni, non in luoghi circoscritti e segregati adibiti allo scopo, ma all’interno della vita sociale, restituendo così all’allattamento lo spazio che merita e alla donna il diritto ad essere parte della vita sociale, senza precluderla a causa di futili pregiudizi.

Il testo integrale (in inglese) dello studio può essere letto qui

Antonella Sagone, 18 luglio 2023

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