Capezzoli introflessi: sono davvero un problema?

Capezzoli introflessi: sono davvero un problema?

L’allattamento è al seno, non al capezzolo. Questo dovrebbe farci capire che le dimensioni di quest’ultimo non sono determinanti per il successo dell’allattamento al seno. Eppure, da sempre la nostra cultura dà una grande importanza alla forma e alla dimensione del capezzolo, e nel caso del capezzolo introflesso ha sviluppato una serie di stratagemmi per favorirne la fuoriuscita in modo da “prepararlo” alla poppata.

Di queste pratiche fanno parte, ad esempio, gli esercizi di Hoffman, che miravano a ridurre le aderenze del capezzolo introflesso per facilitarne la fuoriuscita; questa pratica in particolare è già stata da diversi decenni dimostrata come inefficace.

Il metodo della siringa è presto descritto. Per la bisogna si utilizza una siringa in plastica, di diametro adatto per accogliere il capezzolo materno. Si taglia il lato dove si inserisce l’ago; si estrae il pistone e si inserisce dal lato appena tagliato; ed ecco pronto uno strumento per esercitare una “suzione”. A questo punto si colloca l’imboccatura posteriore della siringa sopra il capezzolo introflesso e si tira indietro il pistone, creando il vuoto e inducendo il capezzolo a fuoriuscire. Applicando sistematicamente la siringa, si spera che il capezzolo resterà permanentemente fuori o, almeno, potrà essere fatto fuoriuscire prima di attaccare il bambino.

Ma funziona davvero?

Il gruppo di ricerca libanese autore di questo trial ha effettuato uno studio pilota randomizzato e controllato per verificare l’efficacia di questa pratica verificando se a seguito di questo stratagemma il tasso di allattamento esclusivo a uno, tre e sei mesi fosse maggiore.

A questo scopo, 54 donne sono state assegnate casualmente al gruppo di controllo (approccio tradizionale) o sperimentale (estrazione del capezzolo tramite siringa prima di ogni poppata).

Altri esiti misurati sono stati la durata di un qualsiasi allattamento a uno, 3 e 6 mesi, l’estroflessione del capezzolo, il successo del neonato nell’attaccarsi e succhiare al seno, il tasso di complicazioni dell’allattamento e la soddisfazione materna a riguardo.

Bisogna prima di tutto dire che l’uso della siringa non è stato molto apprezzato, tanto che solo il 14,3% delle donne ha eseguito questa pratica nel gruppo sperimentale.

Fra i due gruppi ci sono state percentuali simili per quanto riguarda l’estroflessione del capezzolo nella fase dell’allattamento, un buon attacco al seno del bambino e la soddisfazione materna. Paradossalmente, anzi, nel gruppo che aveva usato la siringa si sono avuti un maggior numero di complicazioni, e un periodo più breve di allattamento esclusivo, mentre l’allattamento in generale è terminato prima.

Sebbene il numero dei soggetti di questo trial sia esiguo, conferma comunque ciò che qualsiasi operatore che si occupa di allattamento già sa: non è la forma o la dimensione del capezzolo a determinare il successo di un allattamento, ma piuttosto l’evitmento di interferenze (ciucci, paracapezzoli, biberon) e una corretta informazione su come sostenere il bambino e farlo attaccare al seno.

Anzi, una eccessiva enfasi sulla dimensione del capezzolo alimenta il mito che il bambino si debba appunto attaccare ad esso piuttosto che a una buona porzione di areola, favorendo quindi attacchi e suzioni scorrette, che sono causa primaria di dolore e lesioni al capezzolo e di scarso trasferimento di latte e quindi, di conseguenza, di un abbandono precoce dell’allattamento al seno.

L’abstract (in inglese) dello studio può essere letto qui.

Antonella Sagone, 22 novembre 2023

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