Tanti modi per svezzare dal seno

Tanti modi per svezzare

Nel precedente articolo si è parlato delle pressioni che una donna che allatta oltre i primi mesi riceve per svezzare il suo bambino, e dei tanti falsi miti che possono indurre a prendere una decisione di svezzare, a volte a malincuore, il proprio bambino grandicello. È importante che il momento per svezzare dal seno sia deciso in base a informazioni corrette e complete, e che la donna riceva sostegno sia che voglia proseguire il suo allattamento, sia che decida di interromperlo.

In questa seconda parte verranno presi in esame i diversi approcci allo svezzamento, ricordando sempre che lo svezzamento, come l’allattamento, è un processo a due. Non è solo il bambino o la mamma a decidere, ma è l’interazione fra due persone. Fra l’inizio dell’allattamento, quando il bambino chiede e la mamma corre a offrire il seno, e la fine, quando non poppa più, c’è tutto un percorso, e nelle fasi più avanzate di questo percorso ci sono dei sì e dei no, dei momenti in cui la poppata è pacifica e altri in cui il bambino non è interessato nemmeno se è la mamma a proporre, e altri in cui il bambino propone e la mamma… pospone. Questo processo fatto di sì e di no, di richieste e di risposte si può articolare in tanti modi quante sono le coppie mamma/bambino, e anche la stessa mamma avrà esperienze diverse con figli diversi.

Ma prima di procedere a descrivere questi modi e queste strategie, occorre chiedersi se interrompere l’allattamento risponde veramente ai bisogni di quella mamma e di quel bambino, perché una scelta informata si fonda su informazioni complete. Per decidere di svezzare dal seno i benefici di tale decisione devono superare quelli derivanti da una prosecuzione dell’allattamento. Per approfondire quali benefici riceve la madre che allatta oltre i primi mesi, potete consultare questa FAQ.

Allattare non è una faccenda di “tutto o niente”

Un’altra cosa importante da sapere per le mamme di bambini grandicelli è che l’allattamento a questa età non è una faccenda di tutto o niente. Si può anche dire no o posporre una determinata poppata, con una certa flessibilità, così come si fa quando il bambino, in un momento in cui questo non è possibile, chiede di essere preso in braccio o di giocare con lui.

La relazione di allattamento cambia via via che il bambino cresce, e non c’è un termine oltre il quale non vada più bene, ma in qualsiasi momento, se la mamma lo desidera, può svezzare il bambino.

A volte le mamme che hanno scelto di fare allattamento a termine pensano che per le poppate non si possano dare dei limiti a un bambino grande, come si fa invece per qualsiasi altra richiesta. Così si arriva a un senso di esaurimento e irritazione che poi spinge a troncare del tutto la relazione di allattamento.

Ma come mai quando si tratta di allattamento risulta o appare più facile, di fronte a una richiesta del bambino, ragionare in base a un sistema “tutto o nulla”? Se dare il seno a volte pesa, perché eliminare anche quei momenti in cui è invece un piacere? Perché non si ragiona in questo modo quando si tratta di altre richieste, come per esempio stare in braccio, sguazzare nelle pozzanghere, avere il ciuccio? Nessuno dice: “Dato che quando vi dico di smettere di sguazzare nel fango vi rifiutate, da oggi niente più pozzanghere. Dato che volete stare in braccio continuamente e sono stanca, da oggi mai più in braccio, siete grandi”.

Allattare risulta un po’ l’ultima ruota del carro e mentre con gli abbracci o le caramelle non ci si permette di essere drastici, con una cosa così importante come dare il seno si toglie e via. C’entrano gli atteggiamenti delle persone intorno, certo, che stigmatizzano la mamma che continua ad allattare (diversamente dagli altri comportamenti come prendere in braccio o dare il ciuccio), e la fanno sentire inadeguata quando sta invece dando risposte articolate e competenti. C’entra l’assenza di sostegno di quelle stesse persone, nel quotidiano di una madre che si deve sobbarcare da sola di tutto, magari fosse solo dei figli! E nessuno muove un dito anche se tutti sono pronti a giudicare.

A piccoli passi

In realtà è possibile modulare le risposte a seconda delle situazioni, della maturità del bambino, e sì, anche della propria disponibilità. I bambini si confrontano con gli altri e con i loro propri bisogni, e imparano anche loro, a poco a poco, a modulare le loro richieste. Per saperne di più su quando il bambino è pronto a lasciare il seno, leggete questa FAQ.

Ci sono momenti in cui la mamma sarà più disponibile ad offrire il seno, e altri in cui non potrà farlo oppure in cui veramente le peserà; e ci saranno volte in cui il bisogno di tetta del bambino sarà irrinunciabile, e altre in cui lo chiederà ma potrà accettare una dilazione o un’alternativa, magari se questa alternativa verrà proposta prima che la richiesta diventi pressante. Con un bambino grande, l’allattamento a richiesta può essere pensato come qualcosa di più articolato di quello che era nei primi mesi, come spiego in questo articolo. Una consulente può accompagnare la mamma che allatta in questo processo, che non è svezzamento dal seno, ma rimodellamento del meccanismo domanda-offerta in base ai bisogni che cambiano della coppia madre-bambino.

L’allattamento di un bambino grande si può modulare, contrattare, moderare come frequenza o durata o restringendolo a certe situazioni e non altre. Ogni soluzione va ragionata e tagliata su misura.

Ragioniamo un momento e proviamo a vedere che cos’è la poppata dal punto di vista del bambino, togliendogli di dosso tutte quelle definizioni e cliché che la fanno vedere come un qualcosa di speciale e diverso da altre modalità di relazione.

La poppata è solo uno fra tanti modi che il bambino ha di entrare in relazione con la mamma. Ci trova insieme intimità, calore, nutrimento, contatto fisico. Ma ci sono tante altre situazioni in cui può trovare queste cose, da sole o insieme. Ci sono gli abbracci, le coccole, stare in braccio (magari mangiando un panino), dormire insieme.

La mamma è fiduciosa che un giorno il suo bambino non chiederà più di essere tirato su o di dormire nel letto dei genitori, e nel frattempo lo accontenta, nei limiti della sua disponibilità fisica ed emotiva.

Ecco: l’allattamento può essere vissuto allo stesso modo.

Svezzamento improvviso

Alcune mamme hanno necessità di terminare l’allattamento all’improvviso, per circostanze particolari. Altre scelgono di negare il seno e basta, senza gradualità, perché sono sfinite dalla fase di contrattazione, e riesce loro difficile se non impossibile discutere il o il no di ogni singola poppata. In questo caso sarebbe bene riflettere sulla situazione e “smontarla” in piccoli pezzi, per capire come e quando il bambino chiede di poppare, separando i momenti in cui veramente ha bisogno del seno da quelli in cui lo fa per noia, irritazione, sonno, fame – bisogni che possono essere soddisfatti diversamente.

L’improvvisa negazione del seno potrebbe causare al bambino un’angoscia le cui conseguenze potrebbero protrarsi nel tempo. Questo non significa che ciò si verifichi in ogni caso di svezzamento improvviso, perché questo aspetto è determinato da una quantità enorme di fattori, e sappiamo anche che l’essere umano è resiliente, per cui può mantenere la sua salute mentale anche e nonostante esperienze dolorose e avverse, se intorno a sé ha figure amorevoli e contenimento emotivo. Ma la domanda da porsi è un’altra: è davvero necessario?

Naturalmente si può forzare il bambino negandogli il seno, ad esempio di notte, e alla fine si “abituerà”, nel senso che si rassegnerà a non chiedere più, perché anche se proverà stress nel non essere preso su quando si sveglia, sarà comunque meno stressante star male in silenzio piuttosto che piangere a squarciagola. Ma lo stress ci sarà comunque, il bambino si abituerà a ritirarsi in se stesso e riprendere sonno da solo.

Dico questo non per biasimare o giudicare la donna che decide di svezzare in tempi brevi: i suoi bisogni e il suo disagio sono altrettanto importanti di quelli del bambino, ma a volte si trascurano soluzioni alternative che potrebbero soddisfare questi bisogni e che non passano per uno svezzamento forzato e prematuro dal seno. La mamma ha il diritto ad avere tutte le informazioni, soppesare i pro e i contro, e se poi decide comunque di svezzare, di essere affiancata per poterlo fare nel modo più dolce possibile.

La gradualità è importante non solo per il bambino ma anche per la mamma stessa, e per il suo corpo, che deve ridurre la produzione di latte a poco a poco. Ritrovarsi con la mastite è il segnale che lo svezzamento di sta svolgendo in modo troppo rapido. La mamma che ha deciso di limitare l’offerta del seno in modo deciso e abbastanza rapido, dovrebbe togliersi il latte con frequenza se suo figlio si attaccava spesso; il segreto è non svuotare completamente il seno ma togliere solo finché non si sente sollievo dalla pienezza. Però se compare eccessiva pienezza o noduli o dolore al seno vuol dire che lo svezzamento sta procedendo troppo in fretta, o che la rimozione del latte dal seno avviene troppo di rado, con sedute troppo brevi o in modo poco efficace.  

Svezzamento parziale

Quando allattare comincia ad essere un peso, è utile analizzare i vari aspetti, situazioni e momenti per circoscrivere quelli che causano fatica o disagio. Uno svezzamento parziale circoscrive le poppate in determinate situazioni, le lega a specifici momenti della giornata o a determinati luoghi, escludendo altre situazioni ed altri momenti.

Ad esempio, si potrà decidere di non allattare fuori casa, oppure la notte, oppure lasciare la notte e il momento del risveglio ma non durante la giornata, e così via. L’idea è di provare a limitare quei momenti che pesano alla mamma e lasciare che il bambino vada al seno senza restrizioni invece nei momenti di disponibilità materna.

Un bambino grandicello è in grado di contestualizzare e di comprendere le situazioni e adeguarsi a una regola che lega l’allattamento soltanto a determinati momenti. Occorrerà mantenere però flessibilità per le situazioni straordinarie: un momento di stress, di malessere, una nuova situazione impegnativa (ad esempio l’inserimento a scuola) potrà richiedere un maggiore conforto al seno.

Anche per il bambino ci saranno momenti e situazioni in cui rinunciare al seno è più facile, e altre in cui invece è troppo stressante; le proposte della mamma che guida un graduale distacco dal seno dovranno tenerne conto.

Le poppate vissute con più fatica dalla mamma ma non indispensabili per il bambino saranno un buon punto da cui partire.

Piano piano le poppate si diraderanno, ma con flessibilità, senza bisogno di favole, rituali, decisioni irreversibili.

Inoltre non è necessario porsi come obiettivo finale il completo svezzamento dal seno: se i cambiamenti introdotti costruiranno un nuovo equilibrio piacevole sia per la mamma che per il bambino, non c’è motivo di rinunciare anche a quelle poppate che sono gradite a entrambi.

Svezzamento graduale guidato dalla mamma

Ecco alcuni piccoli suggerimenti.

Non offrire e non rifiutare. Attenzione ad evitare l’automatismo di offrire il seno. I bisogni di un bambino grandicello sono articolati e il seno è uno strumento meraviglioso che risolve molti momenti di stress e difficoltà; se il bambino chiede il seno per conforto non c’è alcun motivo per negarglielo. Ma se non lo chiede, prima di proporlo come soluzione rapida (come giustamente si faceva quando era un piccolo bebè) è bene cercare di capire cosa sta succedendo, che bisogno ha il bambino, e provare a rispondere anche in modi diversi.

Giocare d’anticipo. Un bambino affamato, o nervoso, o stanco, ha dei bisogni che a volte non riesce nemmeno ad articolare chiaramente a se stesso, e se gli adulti non rispondono prontamente a confortarlo, può superare un suo limite personale e non riuscire più a gestire l’agitazione. A quel punto piangerà, vorrà poppare e sarà impossibile o molto difficile proporgli uno spuntino, una coccola, un sonnellino senza usare il seno. È importante quindi sempre l’osservazione del bambino per cogliere i primi segnali di disagio e rispondervi prontamente. La mamma può allora proporre soluzioni alternative ai bisogni, o attività interessanti che distolgano un bambino annoiato dalla richiesta “Jolly” di una poppata.

Offrire alternative. Quando la mamma decide di togliere il seno al bambino, deve assicurarsi che i bisogni fondamentali di suo figlio siano comunque soddisfatti, il che significa che dovrà compensare in altri modi il fabbisogno nutrizionale del bambino, la sua necessità di contatto e di coccole, il conforto notturno, e permettergli la suzione di un sostituto del seno, che può essere il suo dito oppure ciuccio o tettarella.

Rimandare. Quando si dice no a una poppata, si può proporre al bambino una alternativa appetibile, oppure proporre di rimandare la poppata a un momento successivo della giornata (attenzione a mantenere la promessa, e quando arriva quel momento, ricordare al bambino che si era concordato di dedicare del tempo alla poppata (il bambino è libero di dire di no se non gli va!).

Distrarre. I bambini grandicelli tendono a chiedere il seno quando sono annoiati o in situazioni ben precise. Allora movimentare la giornata del bambino, cambiare ambiente, uscire di casa, proporre un gioco coinvolgente possono essere tutti sistemi che contemporaneamente distraggono il bambino dall’idea di poppare, e vanno a colmare suoi bisogni reali.

Meno poppate o poppate più brevi? Alcuni bambini, crescendo, tendono naturalmente a ridurre la frequenza delle poppate e a legarle a momenti particolari (ad esempio il risveglio, l’addormentamento, l’uscita da scuola, il ritorno della mamma dal lavoro. Sarà più facile allora per la mamma togliere gradualmente le poppate partendo da quelle a cui il bambino è meno affezionato. Altri bambini invece continuano a chiedere il seno molto di frequente, ma abbreviano la durata della poppata. Quando non si riesce a ridurre la frequenza di allattamento, fare poppate più brevi può

essere una proposta che il bambino accetta con più facilità-

Non spaventarsi dei momenti di regressione. Una “tabella di marcia” di riduzione delle poppate può venire sconvolta da un raffreddore, una situazione stressante (ad esempio l’inserimento all’asilo), un balzo nella crescita, un dentino particolarmente fastidioso, l’arrivo di un fratellino e tanti altri motivi. Il bambino improvvisamente torna a “poppare come un neonato”, come riferiscono allarmate le loro madri. Ma non c’è da preoccuparsi, Il fatto che improvvisamente il bambino stia poppando tanto non vuol dire né che sia tornato indietro, né che popperà sempre così spesso: passato l’evento stressante, i ritmi torneranno quelli precedenti la crisi.

Conclusioni

La relazione di allattamento può concludersi in tanti modi diversi, lasciando che sia il bambino a staccarsi dal seno, oppure con uno svezzamento guidato dalla mamma. Non c’è un modo migliore o più giusto dell’altro, si tratta solo di trovare l’approccio che funziona meglio, in un dato momento, per quella coppia madre-bambino. È importante restare nel qui ed ora, restare flessibili e contemplare la possibilità di aggiustare il tiro strada facendo, secondo le esigenze del momento e regolandosi giorno per giorno in modo da rispettare per quanto possibile i tempi e i bisogni del bambino. Lo svezzamento è un percorso e non una gara, con tempi o tracciati predefiniti: può avere ritmi diversi, deviazioni, pause e andirivieni. Non deve essere una marcia forzata, può essere un’escursione, una passeggiata, un pellegrinaggio, una danza.

Se desideri consultare una IBCLC riguardo allo svezzamento del tuo bambino, clicca qui.

Antonella Sagone, 21 maggio 2021

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