Avere latte è davvero così difficile?

Avere latte è davvero così difficile?

Nel precedente articolo abbiamo introdotto l’argomento del timore di non avere abbastanza latte, i “sintomi” che preoccupano le madri e il loro significato, e passato in rassegna i falsi allarmi e le dicerie riguardanti la scarsità di latte materno.

Uno studio del 2013 evidenzia come la convinzione di non avere abbastanza latte fa abbandonare l’allattamento al seno prima dei 3 mesi a ben un terzo delle madri, mentre dopo i 6 mesi quasi la metà delle madri svezza dal seno il proprio figlio con questa motivazione.

Queste statistiche sono sorprendenti. Se davvero la nostra specie non fosse in grado di allattare un bambino su due, si sarebbe estinta da molte migliaia di anni. L’allattamento è una funzione biologica che si è affinata nell’arco di circa 15 milioni di anni, perché tanto è il tempo che ci separa dalla comparsa sulla terra dei primi mammiferi. E infatti, in realtà sebbene una piccola percentuale di madri ha difficoltà a produrre latte a sufficienza (per approfondire, vedere questo articolo), solo circa una madre su mille non è in grado di allattare. Ma allora, da dove nasce la convinzione così radicata che il latte si esaurisca con tanta facilità? Osserva una mamma:

Dipende dal fatto che non si può vedere fisicamente la quantità di latte che il bimbo ingerisce; poi la paura passa vedendo quanto cresce.

In una società che quantifica tutto, ci si dimentica che la cosa importante non è quanto latte la mamma produce, ma quanto latte passa dal seno al bambino, ed è il bambino, di fatto, che si dovrebbe osservare, per vedere se sta bene e se cresce adeguatamente.

Forse però in parte questa convinzione deriva dal fatto che davvero in una proporzione esagerata gli allattamenti al giorno d’oggi falliscono e terminano prima di quanto la mamma avesse progettato; anche se spesso non si è consapevoli del fatto che questo fallimento deriva quasi sempre dalle grandi interferenze che questo processo fisiologico subisce fin dalla nascita, dai cattivi consigli, dalle idee errate su cosa sia normale nel bambino allattato (frequenze, durate delle poppate, risvegli notturni), e soprattutto dai continui commenti di sfiducia, scetticismo, critica e allarmismo che una donna che allatta riceve anche nei primi mesi, e sempre di più via via che l’allattamento si prolunga nel tempo.

La macchina del dubbio

Intorno alla mamma che allatta c’è un vero e proprio coro di persone che non fa che insinuare dubbi e insicurezze sulla presunta inadeguatezza delle madri a nutrire i propri figli, come raccontano queste mamme.

Questa paura dipende sempre e comunque dalle persone ignoranti in materia, che invece di supportarti ti inducono a credere di essere un’incapace. Se solo ci fosse un po’ più di informazione…

Ero molto informata sull’argomento ed ero fortemente convinta che come tutti i mammiferi di questo mondo potessi allattare. Finché non sono arrivate influenze esterne tra cui pareri irrilevanti di conoscenti/parenti ma anche importanti come esperti/operatori sanitari… Il pediatra sosteneva che il bambino non crescesse, qualsiasi problema era giustificato con il solito mantra “non gli basta il suo latte”. Quindi ho iniziato ad avere dubbi e scoraggiarmi; fortunatamente non mi sono arresa, nonostante il morale a terra.

L’ostetrica entrava in stanza e mi palpava il seno mentre allattavo, e diceva che era morbido perché non avevo latte e stavo affamando il bambino. Non mi è mai venuta la classica montata con seno duro, ma il latte c’era! Però i dubbi dei primi giorni e le ansie causate da quei commenti hanno avuto ripercussioni lunghissime sulla mia fiducia in me stessa come madre.

Spesso i commenti scoraggianti si accompagnano a comportamenti che attivamente ostacolano l’allattamento, separando madre e figlio e dando al bambino ciuccio e biberon:

Ero una ragazzina e anche se mi ero informata molto su tutto quello che potevo non c’erano molte notizie giuste all’epoca sull’allattamento. Ero molto magra com’è normale essere per una ragazzina e allora tutti dicevano che non potevo avere tanto latte. la cosa peggiore che ho passato con il primo figlio è stata appena dopo aver partorito. Solo perché ho avuto un parto molto lungo le infermiere del nido in ospedale volevano che dormissi senza il bimbo la prima notte. Risultato: sono stata in piedi davanti alla porta del nido tutta la notte, ero giovane e piena di energie e avevo bisogno solo esclusivamente di stare con mio figlio appena nato non di dormire. Purtroppo tutti credono che se sei giovane non puoi essere una buona madre!

Senso di inadeguatezza

I commenti svalutanti, specialmente se pronunciati nelle prime ore, giorni o settimane dopo il parto, si incidono a fuoco nel cuore delle madri, lasciando un senso di insicurezza molto difficile da sradicare.

Nei primi tempi la mamma è infatti particolarmente ricettiva e memorizza ciò che apprende o le viene detto attraverso l’emotività più profonda. Ho ascoltato racconti di puerperio e di allattamento dalla bocca di donne ormai nonne e persino bisnonne, che ancora ripetevano testualmente, e con la voce mossa dall’emozione, le esatte frasi che erano state dette loro dalle ostetriche, dalle loro madri o dai medici.

Il commento costante che il mio seno era vuoto e avevo poco latte è stato molto pesante da ascoltare. A questo si è aggiunto che l’unica volta che sono riuscita a calmare il mio neonato di 2-3 giorni cantando, l’ostetrica ospedaliera mi ha detto che si era calmato per sfinimento da fame. Questo purtroppo ha avuto un effetto davvero negativo su di me e non mi sono più sentita in grado di consolare mio figlio.

Mia figlia poppava 5 minuti, dormiva 20, poppava altri 5 e così via i primi giorni…..mi hanno fatto un terrorismo psicologico tale da portarmi a tirarmi il latte e darglielo col biberon per sei mesi, e tra un biberon e l’altro la tenevo comunque attaccata...

Questo senso di precarietà instillato dalla nostra cultura si insinua così profondamente, da spingere molte madri a intraprendere azioni inutilmente stressanti o addirittura controproducenti per la buona riuscita dell’allattamento, come ad esempio dare aggiunte non necessarie, distanziare le poppate allo scopo di “far riempire i seni”, misurare ad ogni poppata il volume di latte assunto, bere tisane e ingerire pasticche per “aumentare la produzione” che aumentano, in realtà, solo i profitti di chi le produce.

Alcune poi affrettano l’introduzione dei cibi solidi prima del compimento dei sei mesi e prima che il bambino sia pronto, solo per non sentirsi più gravare sulle spalle la responsabilità di essere l’unica fonte di nutrimento per il proprio figlio: un nutrimento che, a detta di tutti, può scomparire da un giorno all’altro.

Tutti questi interventi inopportuni sono spesso ampiamente caldeggiati e suggeriti da persone intorno alla mamma, che basano i loro consigli su un’esperienza e una cultura che ha fatto propri gli standard, completamente diversi, dell’alimentazione al biberon.

Come difendersi?

Mi era stato detto dalla pediatra che forse non avevo abbastanza latte e mi ha proposto il latte artificiale perché cresceva in modo costante ma non era alta in percentile. Mi sono fidata del mio istinto perché vedevo che stava bene, che era sempre soddisfatta del nostro allattamento a richiesta e ho proseguito fino a termine con grande orgoglio. Bimba sana che ha la mia costituzione!

Per fortuna l’istinto e il buon senso di molte madri, o a volte semplicemente la loro tenacia, generalmente ha la meglio sulle critiche; e l’allattamento, sebbene all’inizio irto di dubbi e difficoltà, alla fine prende il via e la mamma si rassicura. Ma troppe volte invece la macchina dello scoraggiamento porta allattamenti senza problemi a incepparsi e venire abbandonati prima del tempo. Di cosa ha bisogno una mamma per proteggere dunque il suo allattamento?

Informazioni coerenti e corrette. Troppe informazioni contraddittorie confondono la mamma, e rivolgersi ai social non fa che moltiplicare la varietà dei consigli ricevuti. È importante che la mamma fin dalla gravidanza sia informata su quali siti e quali fonti sono affidabili riguardo all’allattamento, che sappia valutare la suzione del bambino, l’aumento di peso e i segni obiettivi di un buon trasferimento di latte, come ad esempio la conta dei pannolini.

Un buon inizio. Il luogo del parto è fondamentale per un buon avvio dell’allattamento. Se nel proprio territorio c’è un ospedale amico del bambino, offrirà le condizioni migliori per proteggere l’allattamento; in ogni caso, è bene informarsi sulle prassi del punto nascita, privilegiando quelli che non separano mamma e bambino dopo il parto, che permettono il rooming-in, non utilizzano aggiunte o biberon di routine, e che offrono un aiuto competente per le prime poppate.

Un’informazione che raggiunga anche la famiglia e le persone intorno alla mamma, in modo che conoscano anche loro il funzionamento della lattazione e possano essere fonte di sostegno invece che di dubbio.

Un gruppo di sostegno. Per crescere un bambino ci vuole un villaggio, dice il famoso proverbio africano. E quando il villaggio non c’è più, occorre ricrearlo. È importante quindi informarsi se sul territorio c’è qualche gruppo di sostegno da mamma a mamma per l’allattamento, come i gruppi di peer o quelli de La Leche League.

Politiche sanitarie e commerciali che proteggano i genitori dalle pressioni a svezzare. L’Italia è stata fra i firmatari del Codice Internazionale OMS per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, eppure la legge Italiana di attuazione accoglie solo parzialmente le sue indicazioni. È doveroso per ogni cittadino, ma ancor di più per i genitori in attesa, informarsi sulle direttive del Codice, segnalare le violazioni, richiedere alle istituzioni l’adesione al Codice OMS e fare pressione presso i governi perché implementino integralmente le sue direttive.

Professionisti affidabili. È importante che la madre abbia persone di riferimento formate sulla fisiologia dell’allattamento materno, come ad esempio le consulenti professionali IBCLC.

Contatta una IBCLC se temi che il tuo latte stia diminuendo o pensi che il bambino non si stia alimentando bene al seno: scioglierà i tuoi dubbi e, se necessario, ti affiancherà per rimuovere le cause che ti hanno portato difficoltà.

Antonella Sagone, 19 novembre 2021

One thought on “Avere latte è davvero così difficile?”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.