Inserire al nido il bambino allattato - parte II
Nella prima parte di questo articolo si è parlato dei preconcetti che spesso causano perplessità e resistenza nei confronti dell’allattamento del bambino che deve intraprendere l’esperienza di ambientamento al nido o alla materna.
In questa seconda parte tratteremo soprattutto di aspetti pratici, normative e strumenti efficaci per fronteggiare le critiche e per stabilire un dialogo costruttivo e collaborativo con le educatrici.
Pregiudizi e resistenze verso l’uso del latte materno tirato
Il latte materno costituisce un immenso patrimonio di salute per il bambino, e i suoi benefici si estendono ben al di là della durata stessa dell’allattamento, avendo un impatto per tutto l’arco di vita della persona allattata. Questo dato, universalmente riconosciuto da tutti gli organismi sanitari nazionali e internazionali, non può essere trascurato o minimizzato nemmeno nel contesto di istituzioni scolastiche come il nido o la scuola dell’infanzia.
E il latte non scade di qualità e nemmeno di importanza con il crescere del bambino. Non è che il bambino che mangia cibi solidi abbia meno diritto al latte materno, se è ancora allattato, o che questo sia meno importante per la sua salute di quanto non lo fosse quando aveva pochi mesi. Il Ministero della Salute si è espresso chiaramente a tutela e sostegno dell’allattamento al seno anche rivolgendosi alla scuola dell’infanzia e ai caregiver, in un documento del suo Tavolo Tecnico:
“Si raccomanda di tutelare la buona reputazione dell’allattamento al seno, superando i pregiudizi sull’allattamento di lunga durata, per sostenere piuttosto le famiglie in questa loro scelta di salute”.
Ciò detto, è evidente che la gestione dell’eventuale latte materno che la mamma fornisce al nido è differente se si tratta di un bebè di pochi mesi oppure di un bambino di 9-10 mesi che già mangia cibi solidi, o ancora di un bambino più grandicello che comincia a muovere i primi passi. Mentre nel terzo caso forse non vale la pena nemmeno di imbarcarsi nell’impresa, dato che il bambino è già in grado di supplire con i pasti solidi alla sua alimentazione, il neonato ha senz’altro bisogno di una integrazione di latte materno durante le ore di permanenza al nido, mentre il bebè che già mangia qualcosa si trova in un territorio di mezzo e si dovrà valutare se e quanto sia in grado di farne a meno, dipendentemente dalla quantità di cibi solidi che è in grado di mangiare e dalla prevalenza ancora dell’alimentazione lattea nella sua dieta. Ciò che può essere discusso e negoziato sono gli aspetti pratici, comunque, mentre il diritto del bambino al latte della mamma non deve mai essere messo in discussione.
Quando una mamma che allatta esprime l’intenzione di fornire al personale del nido il suo latte tirato per alimentare il suo bambino, la reazione immediata è spesso di sconcerto, quando non di netto rifiuto. Purtroppo la cultura dell’allattamento è poco diffusa e non sono molte le madri che pongono questa richiesta, e spesso le direttive delle istituzioni scolastiche sono carenti, se non dal punto di vista delle normative, quantomeno da quello della comunicazione.
Le obiezioni che vengono fatte per opporre un diniego a questa legittima richiesta sono in genere di due tipi:
– il latte materno potrebbe essere contaminato e andrebbe trattato come un liquido biologico potenzialmente pericoloso, per il bebè o per gli altri bambini, e quindi richiederebbe attrezzature ed aree speciali per lo stoccaggio e la manipolazione;
– il latte materno non può essere ammesso perché si tratta di fatto di un “cibo preparato in casa” e quindi ricade nel divieto relativo a tutti i cibi “non confezionati”.
Quello che le educatrici e il personale scolastico si aspettano di dover gestire sono le forniture di latte in polvere da preparare secondo le istruzioni della confezione, ma il latte umano come si dovrà mai trattare? Nel dubbio la mamma riceve 9 volte su 10 un secco rifiuto.
Non esiste purtroppo una legge o delle Linee guida nazionali riguardo alla gestione del latte materno nei nidi d’infanzia; ma è importante sapere che vi sono molte direttive, protocolli e delibere a livello regionale o comunale che da diversi anni regolano la questione. Questi protocolli sono spesso ignorati dai genitori ma anche dallo stesso personale scolastico ed è quindi importante mantenersi informati e, se mancano dati certi, rivolgersi senza esitare al proprio comune di appartenenza per avere delucidazioni sull’esistenza di eventuali regolamenti.
Le normative locali possono differire in alcuni aspetti, ma sostanzialmente i protocolli sono sempre abbastanza simili. Il latte materno è riconosciuto nella sua importanza, si enfatizza il dovere delle strutture di facilitarne l’utilizzo per i bambini dei nidi, e si richiede in genere una dichiarazione della madre di aderire al protocollo.
Oltre alle ovvie raccomandazioni di estrarre e raccogliere il latte in condizioni di igiene e contenitori sterili, le indicazioni generalmente sono legate a norme di conservazione e poi di preparazione per la somministrazione al bambino. Il latte materno (fresco o scongelato a cura della madre e secondo le linee guida) va posto in singole dosi nei biberon, etichettato chiaramente e riposto in una borsa termica con le mattonelle refrigeranti. Una volta consegnato, si richiede in genere alla scuola di riporlo in una zona dedicata del frigorifero, a volte in un contenitore riservato, e poi di riscaldarlo correttamente (sotto l’acqua calda o scaldabiberon). Nulla di trascendentale quindi alla fine!
Protocolli sono attivi da diversi anni in Liguria, Lombardia, Sardegna, Verona, Ferrara, Bologna e Comune di Roma, e molto probabilmente in molti altri comuni o regioni. A titolo esemplificativo mettiamo i riferimenti del Comune di Roma.
I genitori hanno tutto il diritto di respingere l’alternativa della formula se il bambino è ancora allattato, ed esigere il trattamento secondo le indicazioni sanitarie e amministrative del proprio territorio; se queste non ci sono, potranno stampare moduli (adattati) e protocolli di altro comune o regione e proporre al nido (pubblico o privato non importa) di seguire comunque tale prassi, che definisce in modo chiaro e tranquillo procedure e responsabilità.
Allattare all’entrata o all’uscita dal nido
Molti bambini chiedono, o si giovano, di una poppata appena prima di essere lasciati al nido, oppure al momento del ricongiungimento con la mamma. Poppare è un modo veloce per rilassare, rassicurare il bambino che sta gestendo l’esperienza di separazione dalla mamma e fargli accettare l’esperienza del nido con una migliore disposizione d’animo. Non c’è alcun motivo valido per proibire questo comportamento all’interno della struttura, ma anche qui, e sempre di più via via che il bambino cresce, può capitare di sentirsi opporre la richiesta di non allattare negli spazi interni del nido, oppure quanto meno di farlo in modo appartato, magari in bagno o in uno sgabuzzino o altri locali poco confortevoli.
Ancora una volta, non esistono norme che vietino di allattare in pubblico, e anzi ci sono molte iniziative (come ad esempio l’installazione dei “punti allattamento” o “baby pit stop” in molte catene commerciali o anche enti pubblici, uffici postali, eccetera) che esprimono la volontà di favorire questa pratica, e non si vede perché le scuole dovrebbero fare eccezione. Per approfondire il tema dell’allattamento in pubblico, potete leggere questo articolo.
Uno degli argomenti più spesso usati da chi chiede alla mamma di non allattare a scuola è la teoria che questo “potrebbe turbare i bambini”, oppure potrebbe farli sentire tristi e confusi se loro invece sono stati nutriti col biberon. Si affaccia qui la solita logica distorta della cultura “inclusiva” che, invece di apprezzare l’infinita varietà umana, auspica una monotona uniformità che dovrebbe, in teoria, azzerare ogni invidia e ogni desiderio di originalità.
In realtà, l’esperienza dimostra che i bambini non sono affatto “turbati” nel vedere un bimbo che poppa, anche se possono essere sorpresi e molto incuriositi, dato che purtroppo la vista di una mamma che allatta in pubblico è così rara alle nostre latitudini. Spesso la scena dell’allattamento richiama un gruppetto di bimbi curiosi che fanno domande, e cosa c’è di meglio se non rispondere loro in modo semplice e veritiero? L’allattamento è una funzione meravigliosa, e se fin da piccoli i bambini potessero vedere questo gesto semplice effettuato con naturalezza, forse non ci sarebbe bisogno poi da adulti di fare corsi sull’allattamento o venire così spesso in soccorso di donne che non hanno la più pallida idea di come far attaccare il loro bambino al seno!
Chi rimane turbato, chi forse sente una piccola fitta di invidia, diciamola tutta, sono in realtà gli adulti, che vorrebbero che tale spettacolo cessasse al più presto, non per proteggere i bambini ma la loro visione del mondo.
Come rapportarsi alle educatrici
I pregiudizi e le resistenze nei confronti dell’allattamento al seno sono universali, e pertanto si presentano anche all’interno delle istituzioni scolastiche, nidi e scuole dell’infanzia. Specialmente se il bambino è intorno all’anno o più grande, e quindi per il senso comune “ormai il latte di mamma non gli serve più”, sapere che è ancora allattato è spesso causa di una percezione distorta, in cui il bimbo è “in ritardo” rispetto a un suo presunto percorso di emancipazione, e la mamma è iperprotettiva, chioccia o vuole a tutti i costi tenerlo legato a sé come un neonato.
Il pregiudizio delle educatrici nei confronti dell’allattamento è tale, che alcuni genitori decidono di non informarle sul fatto che il bambino è “ancora” allattato – non subito per lo meno, dicendolo semmai solo dopo che l’inserimento a scuola è avvenuto con successo. Dire il minimo indispensabile insomma… perché altrimenti le educatrici fanno appunto quel ragionamento sulle abitudini e attribuiscono all’allattamento la responsabilità di ogni difficoltà di adattamento del bambino.
Dato ciò che abbiamo discusso finora, questa strategia ha le sue buone ragioni, e a volte si rivela essere la soluzione più semplice. Tuttavia, spesso si rinuncia troppo presto a un dialogo con le educatrici e a portare avanti le proprie istanze, e questo contribuisce a mantenere solidi pregiudizi che invece per sgretolarsi hanno bisogno che l’allattamento divenga una pratica diffusa alla luce del sole. L’ignoranza sull’allattamento è purtroppo diffusa, e di questo occorre farsene una ragione; ma ciò non esenta il personale scolastico ad aggiornarsi e informarsi senza pregiudizi, una volta che la questione viene posta; né i genitori dovrebbero sentirsi inopportuni nel richiedere questo con gentile fermezza, consapevoli di avere dalla propria parte tutte le indicazioni mediche e le politiche sanitarie.
Ecco alcuni spunti utili per ribattere alle varie obiezioni, senza essere oppositivi ma mantenendo ferme le proprie posizioni:
– Mi rendo conto che la mia richiesta vi giunge nuova, tuttavia in molti nidi e scuole dell’infanzia si sono trovate soluzioni sicure per permettere ai bambini di usufruire dei benefici del latte materno. Le mostro le indicazioni e i suggerimenti del Comune che forniscono modalità praticabili per l’uso di latte materno nelle strutture, sono sicura che questo potrà aiutarci a trovare una soluzione condivisa.
– Comprendo la vostra preoccupazione di dover accudire mia figlia in modi diversi dal seno a cui è abituata. Vorrei rassicurarvi sul fatto che la bimba è in grado di distinguere bene i contesti in cui si trova e di adattarsi. Non è necessario per noi cambiare le abitudini in famiglia, perché non dovete sostituirvi a me, né mia figlia si aspetta questo da voi. Sono sicura che con la vostra esperienza e dando alla bambina il tempo di adattarsi alla nuova situazione, saprete trovare modi diversi ma altrettanto efficaci di calmarla e di farla addormentare.
– Sono d’accordo che la suzione abbia un effetto calmante, ma mio figlio non utilizza il ciuccio, non lo sa nemmeno usare, e non ho intenzione di iniziare adesso visto che per fortuna non ha acquisito questa abitudine. Se vuole possiamo esplorare insieme altri modi per calmarlo.
– Siete preoccupati che la vista di un bambino allattato al seno possa turbare i bambini o i loro genitori. Nella mia esperienza, i bambini difficilmente si turbano a vedere un bebè al seno; comunque sono abituata ad allattare discretamente e possiamo trovare modi che conciliano le nostre necessità di confort e le vostre esigenze di privacy, senza dover rinunciare a questo gesto che aiuta così tanto mia figlia nei momenti di transizione.
Se si ha a che fare con persone irriducibilmente arroccate sulle loro posizioni, non è infine necessario per forza convincerle della bontà e normalità dell’allattamento. L’obiettivo è trovare un compromesso accettabile, e anche però definire il limite oltre il quale non è consentito invadere la sfera decisionale dei genitori. Si può raggiungere un accordo nel disaccordo, cioè l’accettazione reciproca dei propri diversi punti di vista, con l’uso di una frase meravigliosa, buona per tutte le occasioni:
“Vedo che su questo aspetto abbiamo opinioni completamente diverse”.
È possibile confrontarsi con il personale del nido in modo garbato, rispettoso, sinceramente comprensivo, senza tuttavia accondiscendere a richieste o a definizioni che non si attagliano ai bisogni delle mamme, dei bambini e delle famiglie.
Con un po’ di buon senso, di fiducia reciproca e di tolleranza, dando tempo al bambino di adattarsi alla nuova situazione, daremo occasione al personale scolastico di essere testimoni di modalità di accudimento diverse da quelle a loro più familiari, e tuttavia ugualmente funzionali, e di sfatare col tempo molti pregiudizi, aiutando a diffondere una cultura dell’allattamento.
Se avete difficoltà con l’inserimento al nido del vostro bambino allattato, potete rivolgervi a una consulente professionale in allattamento materno per ricevere informazioni e sostegno.